L'Egitto vince la sua settima Coppa d'Africa
Si è conclusa stanotte con la vittoria per 1-0 dei favoritissimi faraoni egiziani la ventisettesima edizione della Coppa d’Africa, passata purtroppo alla storia più per le cronache extra-calcistiche. L’Egitto, grazie al panchinaro di lusso Mohamed “Gedo” Nagy (5 gol tutti dalla panchina), capocannoniere del torneo, mette le mani sulla settima Coppa d’Africa (record), la terza consecutiva (record), allungando la serie di parte senza sconfitte nella manifestazione continentale a 20 (record), con la coppa alzata dal 34enne capitano Ahmed Hassan al quarto successo personale (record). Niente male.
La partita si presentava anche come scontro tra due squadre quasi agli antipodi. La giovinezza del Ghana, con cinque campioni del mondo Under 20 e sei giocatori nati dopo il 1988 tra i titolari contro l’esperienza dell’Egitto, età media superiore ai 28 anni e una partita in più giocata in Angola; l’abitudine alla vittoria egiziana (con questa sono otto, le finali di Coppa d’Africa, e sette vittorie, unica sconfitta nel 1962), di fronte alla paura del Ghana, solo quattro trionfi in otto finali, ultimo successo nel 1982. Il c.t. europeo del Ghana, il serbo “Milo” Rajevac, ex difensore della Stella Rossa, contro il c.t. africano dell’Egitto, l’inossidabile Hassan Shehata, subentrato ad interim a Marco Tardelli nell’ottobre del 2004 e capace di conquistarsi rinnovi e fiducia con vittorie in serie. Per Shehata dopo tre semifinali di Coppa d’Africa perse da giocatore (’74, ’78 e ’80), tre finali vinte da tecnico. E poi l’Egitto macchina da gol, 15 in sei partite, contro il Ghana degli 1-0 (tre consecutivi dopo la sconfitta in apertura contro la Costa d’Avorio) : di fatto appena quattro reti per conquistare il secondo posto. L’Egitto con 19 giocatori su 23 impegnati nel campionato del Paese, il Ghana con 18 tesserati in Europa. Il ghanese Ransford Osei in panchina con il ciuccio in bocca, Mohamed Zidan in campo con in testa disegnati un cuore e un pallone separati dal segno uguale.
Rajevac conferma gli 11 della semifinale, Shehata recupera gli acciaccati Moteab e Zidan ed è costretto ad un cambio: fuori lo squalificato Fathallah dentro Ghaly. Il talismano “Gedo” si accomoda in panchina: non si può non pensare alla scaramanzia. La partita è schiacciata dal peso della posta in palio e dalla stanchezza accumulata dagli egiziani, abitualmente assai piacevoli da vedere, ma oggi appesantiti e poco fluidi. Ci si affida solo a tiri da fuori: buono quello dell’udinese Kwadwo Asamoah, parato, fuori misura quello di Zidan, unici lampi in un primo tempo grigio. Ripresa avviata con tre ammonizioni e una bella punizione di Asamoah Gyan, appena alta. Altri tiracci dalla distanza, poi un pessimo controllo di Moteab a un passo da Kingson. Gyan ci prova altre due volte: una volta la palla scappa via, la seconda quasi scappa via alle burrose mani di El Hadary. L’Egitto rischia, appare stanco e in difficoltà di fronte alla freschezza delle giovani Black Stars e allora Shehata si gioca il jolly. “Gedo” entra al 70’, come sempre, e all’85’ segna un gol spettacolare con un destro a giro al secondo palo dopo uno scambio in velocità con Zidan. Un eroe sconosciuto firma un trionfo meritato.
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(Credits: Filippi Maria Ricci per Gazzetta.it)
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