Posts Tagged ‘ Diego ’

Diego: un giocatore da recuperare e capire

diego delusioneIntendiamoci subito: sono d’accordo col dire che Diego stia rendendo al di sotto delle aspettative perchè comunque, da un giocatore giunto con la sua fama e tra l’acclamazione popolare, ti aspetteresti  partite risolte con una sua invenzione, alla Del Piero. Ti aspetteresti un “fuoriclasse” in grado di giocare bene anche quando i compagni giocano male. E fare la differenza, in positivo, sempre.

Diego non è questo tipo di giocatore.

E’ un giocatore diverso, un trequartista di ottima fattura che ama giocare a tutto campo, avere la palla tra i piedi, creare gioco, concludere o servire i compagni. E’ però un giocatore “alla Trezeguet”, per intenderci. Ossia un giocatore che, per rendere al meglio, ha bisogno che qualcuno “lavori per lui”. Che gli faccia arrivare un pallone giocabile, nel caso del francese (che altrimenti  è capace di non toccare palla per 90°); che corra e crei movimento, nel caso del brasiliano (che altrimenti perde “il sorriso”). Ieri Diego ha giocato male e ha sbagliato una facile occasione, dove avrebbe dovuto segnare (Del Piero lo avrebbe fatto: e per oggi i paragoni tra i due terminano qui). Ma al di là dell’errore tecnico, non si può non considerare come giocare con davanti Del Piero e Trezeguet, per uno come lui, sia quasi una punizione.

Intendiamoci di nuovo: la mia non è una accusa ai due attaccanti, che hanno scritto alcune delle pagine più belle della storia bianconera. E’ più una difesa del brasiliano. Non rende non per “colpa” degli “altri”, quanto perchè lui è incompatibile con loro. Del nostro reparto avanzato, il solo Iaquinta è un giocatore che fa della corsa la sua caratteristica principale, e che sa attaccare gli spazi come pochi. Giovinco e De Ceglie sono altri due giocatori che, impiegati larghi, corrono senza palla e creano alternative di passaggio al brasiliano. Per il resto in rosa abbiamo giocatori con caratteristiche differenti. Del Piero è un giocatore che vuole la palla tra i piedi, che ama fermarsi, ragionare, magari fare un dribbling e poi tirare o passarla; Trezeguet è invece un centravanti d’area, che aspetta palle giocabili ma che a fine partita non si fa neanche la doccia; Amauri è un cavallo da corsa che però viene più spesso utilizzato “alla Corradi”, per far salire la squadra e permettere ai compagni di salire; Camoranesi è un’ala atipica, che ama impostare l’azione o comunque avere il pallone tra i piedi per inventare qualcosa. Insomma – Vincenzone a parte – non abbiamo tra i nostri giocatori d’attacco nessuno che per caratteristiche si completi bene con Diego. Non a caso il brasiliano il meglio di sè l’ha dato quando giocavamo col 4231 e largo a sinistra c’era Giovinco (o comunque De Ceglie), con Iaquinta e Amauri in avanti a fare movimento per 90°. E’ il suo habitat. Un direttore d’orchestra deve avere tutti gli strumenti accordati come dice lui, per poter interpretare al meglio un brano.

La Juve, oggi, è un mix di tante cose. Di tanti moduli. Di tante caratteristiche diverse. Di modi di giocare differenti, di filosofie differenti, di figurine. Purtroppo è stata costruita male, e ne paghiamo a caro prezzo le conseguenze. Ma non prendiamocela con i singoli. Prendiamocela piuttosto con chi in estate ha svolto questo calciomercato e con chi, dalla panchina, non è riuscito a trovare delle soluzioni valide. Ieri, ad esempio, io avrei optato per un 442 classico con De Ceglie alto a centrocampo, a sinistra, e Candreva a destra. Sarebbero almeno arrivati dei cross, e Diego (inutile in quello scenario tattico), avrebbe riposato. Anche questo è coraggio, e non solo cambiarlo all’89mo per fargli prendere dei fischi.

Il ragazzo, così come Melo, è un patrimonio che dobbiamo assolutamente valorizzare e recuperare. Ma, per farlo, c’è bisogno che lo si metta in condizione di giocare come lui sa.

Pubblicità

Campionato: Bologna vs Juventus 1-2 (e siamo quarti…)

candreva zittisce bolognaLa Juventus arriva a Bologna per provare a prolungare la propria striscia positiva dopo le vittorie con Genoa ed Ajax. Per farlo, quindi, confermatissimo il ritrovato tandem offensivo Amauri-Del Piero, supportati dal solito centrocampo a cinque con i due fluidificanti e Diego trequartista. Il Bologna risponde invece con un 4-5-1 con il solo Zalayeta di punta, supportato da Adailton libero di svariare alle sue spalle lungo tutto il fronte dell’attacco.

LA CRONACA
La Juventus ci mette solo quattro minuti a sbloccare il risultato: Diego entra centralmente e calcia giusto dal limite, con Viviano che risponde senza riuscire a trattenere il pallone, mettendo però una pezza di piede anche sul tap-in di Amauri. Sull’ennesima ribattuta, quindi, è Diego stesso ad avventarcisi, ribadendo il pallone in rete firmando l’1 a 0. E’ comunque solo una fiammata. Le due squadre, infatti, si limitano per lo più a controllarsi, con la Juventus che costruisce qualcosa di più, ma senza strafare né pungere con continuità. Bisogna quindi aspettare il diciannovesimo minuto per trovare un’altra fiammata. Questa volta è il Bologna a rendersi pericoloso sugli sviluppi di un’azione insistita che porta Zalayeta a colpire di tacco al volo dal limite dell’area piccola, non trovando però lo specchio di porta. La partita inizia però a scaldarsi. Tre minuti e la Juve ha una doppia occasione: la prima è sui piedi di Marchisio che calcia da fuori trovando però la pronta risposta di Viviano che ancora una volta, però, non trattiene il pallone. Ci pensa così, esattamente come una ventina di minuti prima, Diego a piombare sulla respinta, anche se questa volta la sua conclusione colpisce prima il palo e poi la coscia del portiere felsineo che, con non poca fortuna, si rifugia in angolo. Poco oltre la mezz’ora è invece Buscè a rendersi pericoloso su di una punizione battuta da Adailton. L’ex capitano empolese, però, non arriva sul pallone, mettendo solo paura alla retroguardia Bianconera. E’ allora lo stesso Adailton, al trentacinquesimo, a provarci: il suo calcio di punizione da qualcosa meno di venticinque metri fredda Buffon, infrangendosi però contro la traversa. L’altra occasionissima della prima frazione di gioco giunge nel recupero: Buscè attacca dalla destra ed offre un cross basso all’accorrente Guana che batte praticamente un rigore in movimento, non trovando lo specchio di porta. Il 4 è il numero magico di questa partita: al quarto minuto era arrivato il goal di Diego, al quarto minuto della ripresa arriva il pareggio di Buscè: Raggi crossa da sinistra senza che nessuno, attaccanti né difensori, intervengano sul pallone. Nel contempo De Ceglie si dimentica di Buscè che può quindi arrivare sul secondo palo a ribadire in rete una respinta del montante stesso, bucando Buffon. Nonostante il pareggio, comunque, il ritmo non sale. La Juventus, infatti, limita al massimo il suo pressing, non andando mai a pressare il portatore di palla. Così al sessantatreesimo il Bologna costruisce una comoda palla goal: lancio in area per Zalayeta che dopo una lotta serrata con Chiellini libera Gimenez con un bel tacco il quale dopo aver saltato Buffon calcia a porta vuota, colpendo però il palo e trovando l’opposizione in scivolata di Grygera, con Buffon che torna poi con un colpo di reni ad anticipare il tap-in della punta avversaria. Passano due minuti e la Juventus torna in vantaggio: Del Piero torna, dopo Amsterdam, a vestire le vesti dell’assistman e dopo aver ricevuto al limite taglia dentro il pallone per Candreva che si infila nella difesa avversaria per bucare poi Viviano con un bel diagonale che non lascia scampo al portiere bolognese. Al settantesimo la Juventus chiuderebbe i conti con Felipe Melo, ma l’arbitro giudica influente la posizione di Del Piero, che aveva fatto scorrere il passaggio di Amauri proprio per il centrocampista carioca, ed annulla per fuorigioco. A dieci dal termine è invece Candreva, liberato da un lancio di un compagno, ad avere la possibilità di chiudere il match. Entrato in area palla al piede, però, tenta un pallonetto improbabile con Viviano che gli si stava parando davanti, riuscendo quindi a disinnescargli la conclusione. L’ultima occasione, quella che chiude proprio il match, l’ha quindi Amauri che dopo aver controllato palla in area ruota sul piede perno per calciare verso la porta bolognese, trovando però la pronta risposta, in due tempi, di Viviano.

COMMENTO
Il facile vantaggio juventino può aver illuso qualcuno. La realtà dei fatti è che dei passi avanti rispetto all’epoca Ferrara sono stati fatti, ma non così consistenti da portare questa squadra ad essere una Squadra. La Juventus, infatti, ha poco gioco e fatica ad esprimersi. La fatica dell’impegno di Europa League, tra l’altro, inizia a farsi sentire moltissimo nel secondo tempo, tanto che dopo il pareggio molti giocatori sembrano assolutamente statici e bloccati sulle proprie gambe. Il tutto fino a che Alessandro Del Piero, ancora lui, tira fuori un altro numero dal cilindro, servendo Candreva e sbloccando il risultato. Da lì la partita, che sarebbe potuta cambiare se Gimenez non avesse fallito un’occasionissima a porta vuota, è tutta in discesa e sarà la Juventus a farsi più pericolosa, riuscendo a sfruttare i varchi creatisi nella retroguardia felsinea.

MVP
Questa volta, rispetto al solito, voglio premiare non un giocatore ma quella persona che non può far altro che limitarsi a dare indicazioni dalla panchina. Perché è indubbio, la cura Zaccheroni, foss’anche solo per l’impatto psicologico dato dal cambiare allenatore, sta funzionando. In più Zac ha un merito: aver azzeccato i cambi. Uno, in particolare. Perché a decidere il match è un giocatore, Candreva, che aveva iniziato la partita in panchina.

TABELLINO
Bologna vs. Juventus 1 – 2
Marcatori: 4′ Diego, 49′ Buscè, 65′ Candreva
Bologna: Viviano; Zenoni (28′ st Savio), Portanova, Moras, Raggi; Buscé, Guana, Mudingayi, Casarini; Adailton (15′ Gimenez), Zalayeta. A disp.: Colombo, Santos, Britos, Mingazzini, Succi. All.: Colomba.
Juventus: Buffon; Grygera, Legrottaglie, Chiellini; Salihamidzic, Melo, Marchisio (9′ st Sissoko), De Ceglie; Diego (15′ st Candreva); Amauri, Del Piero (42′ st Camoranesi). A disp.: Manninger, Cannavaro, Grosso, Trezeguet. All.: Zaccheroni.
Arbitro: Banti
Ammoniti: Marchisio (J), Portanova (B)
Espulsi: 45′ st Raggi (B) per fallo violento

[nggallery id=30]

Ciro Ferrara prova il 4411 in allenamento

allenamentoPersonalmente ne avevo già parlato spesso, nel blog. Bisogna essere realisti, ed essere realisti significa capire e accettare che Felipe Melo non è un vertice basso da rombo, che Sissoko non è un esterno da rombo, che Camoranesi esterno di un rombo è un lusso che, assieme a Diego, non possiamo permetterci, e che Diego non torna – giustamente – a difendere indietro (e non fa, al momento, la differenza in avanti), e che quindi si crea sempre una situazione di inferiorità numerica a centrocampo che ci espone a figuracce. La squadra immaginata in estate non gira. E’ ora di cambiare, con molta umiltà. E allora ecco il 4411, con due mediani davanti alla difesa, con due esterni di ruolo e con Diego ad agire subito dietro Trezeguet. Vedremo se questo schema verrà riproposto domenica e vedremo che risultati darà. Col senno di… prima mi sembra una buona mossa. L’unica logica possibile al momento.

Tuttosport ci spiega il ruolo di Bettega e la situazione di Ferrara

bettegaVi segnalo un bellissimo articolo a firma di Piero Guerrini sul Tuttosport cartaceo di oggi. Spiega il ruolo di Roberto Bettega, neo vicedirettore generale del club, e la situazione riguardante sia Ciro Ferrara che il mercato prossimo bianconero. Vi riporto i passaggi più interessanti, che condivido pienamente.

L’intento di Roberto Bettega è ormai evidente. Restare il più possibile vicino alla squadra, seguirla passo passo. Il vicedirettore generale perciò ha deciso di andare a Jedda. E ieri si è presentato al campo per seguire l’allenamento, elegante e di chiaro vestito nel suo cappotto con sciarpona. Ci sarà anche oggi. E domani, non crediate il contrario. E assai probabilmente nei giorni successivi. Perchè questa è l’emergenza. Del resto è consapevole dell’importanza del suo ruolo e del motivo per cui è stato richiamato in società. O perlomeno di una delle ragioni principali. Così, indossa il camice del medico e studia, osserva, parla. Ieri ad esempio è stato il giorno della conoscenza con i due brasiliani (Diego e Felipe Melo) e con Caceres. Importante è che non si pensi a rimbrotti o particolari appunti nei confronti del centrocampista nazionale brasiliano. Innanzitutto, in certi casi, è bene non creare capri espiatori. Ma soprattutto, dapprima Bettega vuole farsi un’opinione personale, senza condizionamenti esterni. Va da sè che il tempo stringa e che Bettega non ne stia sprecando neanche un secondo. Tanto che ormai è acclarato: Bobby Gol si è già preso la Juve. Non soltanto nel senso che le decisioni – come peraltro annunciato dal presidente Jean Claude Blanc – sono di sua esclusiva competenza, d’ora in poi e per tre anni. E il suo intervento, per quanto veloce, segue uno schema logico. Dapprima l’esame per stabilire una scala di interventi di priorità, poi le soluzioni.

E’ un fatto che, d’altro canto, può avere un effetto immediato sul gruppo, o sulla sfera emotiva dei singoli. Perchè questo certo mancava nel recente passato. Non che il direttore sportivo Alessio Secco e lo stesso presidente Blanc brillassero per assenza a Vinovo, anzi. Ma ovviamente avevano pure altre competenze. Eppoi, in quanto ex campione e simbolo storico della società bianconera, la figura di Bettega è certo diversa. E comunque, le presenze precedenti non erano costanti. Questa è già un’innovazione, dunque. Cui seguiranno altre.

E’ ovvio, la vecolità e la tipologia degli interventi del vicedirettore generale dipenderanno anche dai risultati della squadra. Di sicuro Bettega non è tipo da farsi condizionare dai risultati. In quanto uomo di sport sa che la fiducia nel progetto e soprattutto negli uomini deve andare oltre il fattore episodico. E una partita dipende da episodi. Questo per dire che il destino di Ferrara, come di alcuni giocatori è perciò delle operazioni di mercato, non è strettamente connesso alle prossime vittorie e sconfitte. Ma alle convinzioni che la società (e quindi Bettega) si saranno fatti. Semplificando: se il vicedirettore generale ritiene che Ferrara abbia in mano la squadra e il progetto, allora non può essere un gol preso a farlo precipitare. Ecco, magari nel caso dell’allenatore la quarta sconfitta consecutiva (la terza in campionato), sarebbe un macigno pesantissimo. Però, più in generale, con l’avvento dell’era Bettega si privilegeranno le idee. Perciò il dirigente sarà sempre più presente in questi giorni: per costruirsi uno scenario personale e non influenzato dall’esterno (ovvero dai sentito dire).

Di fronte a questo tipo di intervento, Bettega osserverà anche le reazioni dei singoli, giocatori compresi. E ne parlerà con i diretti interessati. Perchè in questo genere di crisi – l’ha sottolineato lo stesso dirigente in sede di presentazione della sua terza vita in bianconero – non è soltanto questione di tecnica e tattica, ma anche di psicologia, di doti umane. E, per l’appunto, di reazione.

Dopo aver tutto analizzato, infine, Bettega assumerà le decisioni di mercato. Si confronterà con Secco, poi ne riferirà a Blanc per la questione economica. Ma la decisione spetterà a lui. Perchè Bettega si è preso la Juve, quella che gioca e che deve tornare a vincere.

Recuperare i tre brasiliani: il compito più urgente e difficile per iniziare meglio il 2010

Felipe Melo, Diego e Amauri

Felipe Melo, Diego e Amauri

Credo ormai sia chiaro a tutti: la fotografia della stagione bianconera è la loro. Partiti a razzo, poi affondati. Abbattuti. Fino all’umiliazione. Inutile girare il coltello nella piaga. Bisogna guardare avanti, perchè gli oltre 70 milioni investiti per portarli a Torino sono tanti, e le cose vanno fatte per bene. Cominciamo col dire che – a prescindere se siano vere o meno le storie che si sentono in giro – il fatto che esista un “clan” brasiliano (ripeto: ammesso sia vero!) non è un problema. Ne esiste uno pure a Milano sponda Milan, ne esiste uno a Roma, ne esiste uno argentino all’Inter Continua a leggere

Analisi tattica di Juventus-Bayern Monaco (sempre i soliti problemi…)

Grattacapi infiniti

Grattacapi infiniti

Ieri si è perso male. Molto male. Vediamo di capirne i principali motivi analizzando tatticamente gli errori commessi e cercando di capire come fare per venire fuori da questi che sono degli equivoci tattici che ci trasciniamo dietro da tempo, e che non riusciamo a superare. Iniziamo dai due schieramenti tattici. Continua a leggere

Analisi tattica: quando Ciro parla, tutti sanno e nessuno fa..

Rispolveriamo il 555?

Ciro, provaci con le parolacce!!

Quando il tuo allenatore nel dopopartita commenta con un laconico “scelta tecnica” l’esclusione di Felipe Melo, il tuo acquisto più costoso dell’ultimo decennio (o quasi, anno più anno meno), evidentemente qualche problema c’è. Soprattutto se ci pensa Prandelli a spiegarti come utilizzarlo: «No, consigli non ne voglio dare. Vi dico però che noi l’anno scorso avevamno creato un gioco che per Melo era possibile: non è un regista, ha visione ma non abbastanza. E così avevamo creato meccanismi di gioco facendolo giocare come mezzo destro del 4231 con movimenti delle ali che facilitavano il suo gioco. Continua a leggere

Analisi tattica: se questo è un 4312..

Visto il successo della passata analisi, la ripropongo anche questa settimana, a mente fredda, passato il polverone delle polemiche. Mi concentro questa settimana sulla posizione in campo di Momo Sissoko, che invece di dare equilibrio alla squadra ha finito a mio avviso col dare la mazzata definitiva al 4312.

tattica 01

Guardate la linea blu: è quella che “unisce” virtualmente Poulsen, Melo e Sissoko. La copertura del campo è assolutamente inadeguata, tanto è vero che Diego, diligentemente, si allarga quasi a fare “il Camoranesi”, proteggendo come può la fascia destra completamente sguarnita (guardate che praterie). Il problema è la posizione di Sissoko, troppo centrale. Così facendo Diego è costretto ad inutili e sfiancanti compiti difensivi, e Melo è costretto a “coprire” Sissoko, che più che fare da diga sale spesso a fare pressing alto, trovandosi nella fase difensiva spesso e volentieri (come vedremo dopo) più “alto” anche di Diego.

tattica 02

Guardate qui, che è ancora più evidente. Tenete a mente sempre la linea blu e la posizione di Diego che di fatto fa l’esterno destro, in quello che sembra più un 442. L’errore anche in questo caso è nella posizione di Sissoko, che è troppo centrale (e troppo alto al tempo stesso). Così facendo, e lo si nota chiaramente, Felipe Melo è costretto a restare bassissimo, totalmente fuori dal gioco, e Diego è troppo decentrato (e troppo distante dagli attaccanti, che in questo caso non si vedono neanche nella foto: orrore!). Francamente sistemati in questo modo in campo è difficile, se non impossibile, fare gioco. Perchè Diego se si sposta di fascia (lo vedremo dopo) lascia l’intera fascia destra sguarnita (e poi: è mai possibile che hai Diego e lo devi usare per compiti di copertura?), e perchè dalla parte opposta Poulsen finisce per fare “il Nedved”, non avendo però la capacità offensiva del Ceco. Chi fa gioco in uno scenario simile?

tattica 04

Ancora: Diego si accentra e a destra non c’è letteralmente nessuno. Momo, anche in questo caso, sarebbe dovuto essere esterno, più o meno nella stessa posizione di Poulsen, con semmai Diego impiegato per fare pressing alto sul portatore (farlo in due è un suicidio). Meno male che, anche in questo caso, la Fiorentina in attacco era messa forse peggio di noi.

tattica 03

Ultima diapositiva (direi che può bastare così): Diego si sposta a sinistra accentrandosi in una azione d’attacco e.. invece di scalare, Sissoko è ancora centrale a fare pressing sul portatore di palla, con nessuno (letteralmente) a destra a dare copertura (e il povero Amauri è costretto a metterci una pezza lui, arretrando a prendere posizione).

Insomma è qui che bisogna lavorare tatticamente, e molto, nei prossimi giorni. Momo è un centrocampista straordinario, ma è un anarchico come ne esistono pochi in Serie A: va dove gli dice il cuore, non la testa. E, mi pare chiaro, tende a voler giocare sempre centrale (e ad andare sempre in pressing alto sul portatore di palla per tentare la scivolata). Così facendo, si penalizza Felipe Melo e si penalizza Diego, oltre ad avere come esterno sinistro Poulsen che seppure ti dà abbastanza in fase difensiva, non ti dà niente o quasi in quella offensiva. Un problema da risolvere in fretta. Magari passando al 4231.

Tuttosport: Ranieri rinunciò a Diego. Gazzetta: no, fu Mourinho!

DiegoLe liti fra “The Special One” ed il “Camaleonte” di Testaccio sono famose, e francamente anche… noiose! Ma questa è divertente. Qualche giorno fa Camillo Forte, giornalista di Tuttosport, rivelò in esclusiva al Processo di Biscardi che la Juventus bloccò Diego già nel giugno 2008, ma fu Ranieri a far saltare l’acquisto (così come quelli di Xabi Alonso e Van Der Vaart). Bene. Oggi sfoglio la Gazzetta dello Sport e cosa ci ritrovo? Un articolo di Carlo Laudisa in cui viene scritto, addirittura nei dettagli, che fu invece l’Inter di Moratti, nel giugno 2008, a bloccare Diego (con tanto di incontro di giocatore e padre procuratore nella sede della Saras col patron). Branca raggiunse un accordo per 20 milioni di euro, ma.. chi si oppose? Sì, proprio lui, l’uomo da 11 milioni netti l’anno. Motivo? Voleva un’ala (Quaresma, nello specifico). E’ proprio vero… litigano su tutto! Ma questa sul “chi l’ha scartato prima” ci mancava.

Roma vs Juventus 1-3 (doppietta di Diego, è nata una stella)

DiegoLA PARTITA:
Diego Ribas da Cunha possiede una dote ra­rissima, che è patrimonio so­lo dei fuoriclasse, dote per cui anche la giocata più dif­ficile, il colpo più astruso, la carezza più soffice assestata al pallone, risulta all’occhio del profano una cosa semplice, quasi banale. Ieri questo brasiliano barbuto ed evolu­to, modernissimo nel modo di interpetare il calcio del terzo millennio, si è caricato sulle spalle la Juventus in una Roma da forno a mi­croonde e l’ha accompagna­ta alla seconda vittoria con­secutiva in campionato (3-1) con due gol favolosi, di po­tenza e di fino, resistendo al­la pressione di un marcan­tonio come Riise e gabbando un mestierante come Mexes; con il contributo che ha of­ferto al gruppo sfiancandosi nelle coperture, al punto da rimediare pure un’ammoni­zione; con gli assist che ha servito ai compagni, là dove per un pezzo non ha funzio­nato altro tranne che lui, no­nostante fosse l’uomo di De Rossi, non proprio un pirla qualsiasi. Segno della Croce, amen. Diego è il valore ag­giunto che qualsiasi squa­dra con ambizioni di vertice (interne e internazionali) vorrebbe, anzi deve avere. Nello specifico della forma­zione bianconera, imperso­nifica la risposta diretta a Wesley Sneijder, a Samuel Eto’o, a Diego Milito, insom­ma all’Inter. Morale: è costa­to 25 petecchioni ma nessu­no li rimpiange, forse l’unico rammarico è non averci cre­duto prima, tipo l’anno scor­so. Pensare che qualcuno avanzava persino delle perplessità mette la pelle d’oca. Benvenuti sul­la luna, bentornati ad ap­plaudire un fenomeno che da anni, dall’addio di Zinedine Zidane, non indossava più la maglia bianconera, bene tutto e magari qualco­sa di più. Diego, già. Nella spettacolarizzazione mirata della Juventus, è la pietra d’angolo sulla quale si inten­de costruire una stagione straordinaria, da scudetto, però non di solo Diego è fat­ta la squadra di Ciro Ferra­ra. Comincia ad affiorare un gioco, comincia a essere di­gerito il rombo, là dove Feli­pe Melo ha solo necessità di accelerare le operazioni di scarico del pallone. L’altro brasiliano bianconero ha realizzato una rete bellissi­ma, con un inserimento di trenta metri, ed è stato eccellente nella fase di inter­dizione, però troppo spesso si è innamorato di se stesso e delle sue capacità di pal­leggio, tanto da innescare il pari giallorosso, nato da una punizione sulla trequarti, da una colpevole ingenuità col­lettiva (è mai possibile la­sciare a Pizarro la libertà di battuta e a De Rossi quella di esecuzione?) e da una leg­gera indecisione di Buffon. Ma è in crescita, come sta lievitando Amauri (un palo e due capocciate salvate dal portiere), come sono sintonici Cannavaro e Chiellini, i centrali difensivi. Il pelo nel­l’uovo continuano a essere gli esterni, il cui contributo è minimo, sia con Grygera sia con De Ceglie. Crediamo che con Grosso il livello salireb­be di brutto: cosa possono rappresentare cinquecento­mila euro in più o in meno rispetto alla portata totale della sfida? All’Olimpico mancavano ancora Zebina e Sissoko, Camoranesi è en­trato nella seconda parte della ripresa, Del Piero e Trezeguet sono rimasti in panchina, oppressi da una calura africana e da chissà quali cattivi pensieri. Quan­do tutti risponderanno al­l’appello, chissà. Di sicuro, scor­rendo la classifica e asciu­gando le sensazioni matura­te sul campo, la Juventus non è lì per caso e non è destinata ad afflosciarsi stra­da facendo. Possiede il codi­ce genetico delle formazioni vincenti, morbide fuori e du­re dentro, sa colpire e soffri­re, non cala più le braghe co­me un tempo, reagisce e ri­castiga. All’Olimpico è anda­ta così. Ferrara ha racconta­to che questa squadra sareb­be piaciuta a Giovanni Agnelli, per induzione cre­diamo che non sia dispiaciu­ta neppure a John Elkann, il nipote, teorizzatore dello show applicato ai risultati. Se l’impatto dell’Inter con il derby è stato devastante, l’incursione della Juventus nella capitale ha avuto con­notazioni di portata analo­ga, anche se i bianconeri si sono trovati di fronte una Roma minima, la medesima dell’anno scorso con un Bur­disso in più (non male l’ex nerazzurro) e qualche cer­tezza in meno. In porta c’era Julio Sergio, che è il vice del vice, ma se l’è cavata benissimo, con almeno tre parate decisive, a steccare semmai sono stati altri, da Totti (un palo e stop) in giù, fino al pallido Menez, al tremebon­do Perrotta, al ruvido Cas­setti, dalla cui indecisione è nata la prima rete di Diego. Ultima e con zero punti (e 6 gol nelle prime due partite: non era mai successo nella storia giallorossa), la forma­zione di Spalletti dà l’idea di essere in piena depressione e probabilmente non sarà sufficiente l’arrivo di un rinforzo – Quaresma, dicono – per invertire un trend. Il confronto con la Juventus ha aperto un dibattito che per la verità tiene banco dal­l’estate, però il 3- 1 secco e netto, addirittura violento, è peggio che un cazzotto nello stomaco. E quel Diego luna­re una sorta di umiliazione errante.

IL TABELLINO:

ROMA (4-2-3-1): Bertagnoli, Cassetti, Mexes, Burdisso, Riise (25’st Vucinic), Perrotta (36’st Cerci) De Rossi, Pizarro, Taddei (1’st Tonetto), Menez, Totti. A disposizione: Artur, Juan, Motta, Guberti, Tonetto, Cerci, Vucinic. All.: Spalletti.
JUVENTUS (4-3-1-2): Buffon, Grygera, Cannavaro, Chiellini, De Ceglie (30’st Legrottaglie), Tiago, Melo, Marchisio (17’st Camoranesi), Diego, Amauri, Iaquinta. A dispozione: Manninger, Camoranesi, Legrottaglie, Molinaro, Poulsen, Trezeguet, Del Piero. All.: Ferrara.
Arbitro: Rocchi
Ammoniti: 16′pt Tiago, 19′pt De Rossi, 33′pt Taddei, 36′pt Diego, 36′pt Perrotta, 43′pt Marchisio, 35’st Grygera
Marcatori: 24′pt Diego, 34′ De Rossi, 22’st Diego, 47’st Melo
INTERVISTE POST-PARTITA:

FERRARA: «Queste qualità le aveva dimostrate già con il Milan e il Chievo, tecnicamente fortissimo ma non solo tecnicamente, anche fisicamente e tatticamente quando chiude e corre in fase difensiva. Abbiamo bisogno che tutti collaborino e Diego lo ha fatto benissimo. Del Piero? Quando un giocatore resta fuori non si può essere felici. Capisco Alessandro ma il suo umore non poteva essere alle stelle, così come per altri giocatori. Oggi ho fatto questa scelta e devo proseguire con il cervello non con il cuore a fare le scelte. Sul 2-1 facevamo poco possesso palla e la Roma ripartiva. Qualche difficoltà c’è stata anche se il primo tempo siamo stati perfetti, a parte il gol subito. Recuperavamo sempre palla e siamo stati incisivi in fase offensiva poi alla fine abbiamo avvertito un po’ di fatica, ma nel complesso abbiamo visto una Juve da squadra vera e ha meritato la vittoria. Non soffrire in casa della Roma non è così semplice. Camoranesi l’ho messo dentro perché ha tante qualità, sa tenere palla, fa salire la squadra e può fare il colpo vincente. Non aveva tanti minuti nelle gambe perché veniva da un infortunio alla caviglia, ma è chiaro che avendo a disposizione tanti giocatori li devo motivare tutti. Tiago? Gioca lui perché sa proporre meglio la manovra rispetto a Poulsen che è un giocatore che esprime il meglio di sè davanti alla difesa. Lo Scudetto? Io vorrei che finisse ora il campionato. Sei punti sono ancora pochi, sei punti non contano, conta solo la vittoria che fa morale e ci convice che abbiamo giocatori e una squadra forte. È talmente lunga la strada che le insidie e i pericoli sono dietro l’angolo. Tra l’altro tra 15 giorni ancora a Roma contro la Lazio. Abbiamo visto nel derby come umore può cambiare da una settimana all’altra. I nerazzurri hanno dimostrato di essere una grande squadra. Mi ha impressionato eccome. Penso che anche noi, però, con questa vittoria contro la Roma e con questa prestazione li abbiamo impressionati. Ma non dobbiamo dare risposte a nessuno, solo a noi stessi. Stasera hanno visto tutti un’ottima Juventus, con uno spirito che sarebbe piaciuto all’avvocato Agnelli».».
MARCHISIO: «Mi sono fatto male nel primo tempo, ho stretto i denti, ma nel secondo tempo non riuscivo neanche a tenere la scarpa e quando mi sono reso conto di non poter dare una mano alla squadra ho chiesto il cambio. Domani effettuerò una lastra e un’ecografia, perché a causa del dolore non riuscivo a correre bene e ho avvertito un fastidio alla coscia, ma spero comunque di poter andare in Nazionale. Sono contento per il risultato, ma anche per come abbiamo giocato. Con Diego l’intesa cresce, così come con Tiago o Camoranesi. Siamo sulla buona strada. Ferrara negli spogliatoi ci ha fatto i complimenti, ma ci ha anche detto di stare più attenti, portando ad esempio il gol preso».
DIEGO: «Il nostro obiettivo era quello di vincere oggi. Era un nostro obiettivo. Pensavo fosse difficile, così è stato, ma sapevo anche che giocando con questa qualità si poteva vincere e lo abbiamo fatto. È stato per merito della qualità messa in campo che siamo riusciti nell’impresa di portare a casa questi tre punti su un campo difficile. Come ho fatto ad ambientarmi da subito? È merito dell’ambiente bianconero, di Ciro Ferrara, dei tifosi e quindi mi sono inserito con facilità da subito. La grande qualità collettiva della Juve sta nella capacità di adattarsi al nuovo modulo».

(Credits: Juvemania.it, Tuttosport.com)