Giuliano Tavaroli, l’uomo-chiave dello scandalo del dossieraggio illegale praticato dal 1997 al dicembre 2004 dalla «Security» di Pirelli e di Telecom con 34,3 milioni di euro di fondi aziendali, sceglie di chiudere i conti con la giustizia. E lo fa prima ancora che il processo a 36 imputati, ancora alle battute iniziali dell’udienza preliminare, cominci presumibilmente solo l’anno prossimo: 4 anni e 6 mesi è la pena che ieri Tavaroli ha concordato con la Procura di patteggiare, più la messa a disposizione dello Stato di 70.000 euro a titolo di profitto confiscabile. Il patteggiamento, sottoposto al giudizio di congruità del gip Panasiti dopo il consenso dei pm Civardi e Piacente, è il punto d’incontro di reciproche forze e debolezze: in un processo ordinario le pene che Tavaroli rischiava (per associazione a delinquere, appropriazione indebita dei fondi aziendali, corruzione di forze dell’ordine e 007, rivelazione di segreti d’ufficio e di notizie di cui è vietata la divulgazione per la sicurezza dello Stato) sarebbero state molto più alte, e le spese legali di un lungo dibattimento lo avrebbero svenato; ma anche la Procura avrebbe dovuto accettare il concreto rischio di prescrizione dei reati, e fare i conti con le incognite poste dalla pasticciata e ritardata decisione della Consulta sui confini della legge di distruzione dei dossier illegali sequestrati. Tavaroli acquista così la certezza di non tornare più in carcere, dov’era stato 8 mesi dopo l’arresto nel settembre 2006. Dai 4 anni e 6 mesi concordati, infatti, vanno detratti anche i 4 mesi trascorsi sempre in custodia cautelare ma agli arresti domiciliari, e soprattutto lo sconto secco di 3 anni regalatogli dall’indulto del 2006. Gli restano dunque 6 mesi, che, come ogni pena sotto i 3 anni, Tavaroli potrà chiedere al Tribunale di Sorveglianza di scontare con una misura alternativa al carcere quale l’affidamento ai servizi sociali. La seconda conseguenza è che Tavaroli, patteggiando, esce dal processo e dunque non sarà più aggredibile dalle parti civili in questa sede penale: gli «spiati» che vogliano rivalersi su di lui dovranno fargli causa in separata sede civile, oppure cercare di soddisfare le proprie pretese su Pirelli e Telecom, che, seppure parti lese dell’appropriazione indebita di fondi aziendali, come «persone giuridiche» indagate (per non aver impedito le corruzioni con adeguati modelli organizzativi) stanno invece pure definendo patteggiamenti e transazioni. La terza conseguenza, procedurale, si riverbera in prospettiva sulla ricostruzione storica della matrice dei dossieraggi, di cui Tavaroli in 15 interrogatori ha sempre accreditato l’interesse aziendale, senza però coinvolgere direttamente Tronchetti Provera e Buora (difatti mai indagati dai pm) nell’ordinazione o nella consapevolezza degli illeciti, anzi dichiarando di averli spesso messi al corrente delle vicende più rilevanti ma non delle modalità con le quali acquisiva le notizie. Ora, con il patteggiamento, l’«indagato » Tavaroli tornerà per legge «testimone»: quando ci sarà il processo agli altri imputati e Tavaroli verrà interrogato circa l’attività di dossieraggio praticata con i soldi delle aziende, come teste non potrà avvalersi della «facoltà di non rispondere » concessa agli indagati.
(Credits: Luigi Ferrarella per il Corriere della Sera)