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Diego: un giocatore da recuperare e capire

diego delusioneIntendiamoci subito: sono d’accordo col dire che Diego stia rendendo al di sotto delle aspettative perchè comunque, da un giocatore giunto con la sua fama e tra l’acclamazione popolare, ti aspetteresti  partite risolte con una sua invenzione, alla Del Piero. Ti aspetteresti un “fuoriclasse” in grado di giocare bene anche quando i compagni giocano male. E fare la differenza, in positivo, sempre.

Diego non è questo tipo di giocatore.

E’ un giocatore diverso, un trequartista di ottima fattura che ama giocare a tutto campo, avere la palla tra i piedi, creare gioco, concludere o servire i compagni. E’ però un giocatore “alla Trezeguet”, per intenderci. Ossia un giocatore che, per rendere al meglio, ha bisogno che qualcuno “lavori per lui”. Che gli faccia arrivare un pallone giocabile, nel caso del francese (che altrimenti  è capace di non toccare palla per 90°); che corra e crei movimento, nel caso del brasiliano (che altrimenti perde “il sorriso”). Ieri Diego ha giocato male e ha sbagliato una facile occasione, dove avrebbe dovuto segnare (Del Piero lo avrebbe fatto: e per oggi i paragoni tra i due terminano qui). Ma al di là dell’errore tecnico, non si può non considerare come giocare con davanti Del Piero e Trezeguet, per uno come lui, sia quasi una punizione.

Intendiamoci di nuovo: la mia non è una accusa ai due attaccanti, che hanno scritto alcune delle pagine più belle della storia bianconera. E’ più una difesa del brasiliano. Non rende non per “colpa” degli “altri”, quanto perchè lui è incompatibile con loro. Del nostro reparto avanzato, il solo Iaquinta è un giocatore che fa della corsa la sua caratteristica principale, e che sa attaccare gli spazi come pochi. Giovinco e De Ceglie sono altri due giocatori che, impiegati larghi, corrono senza palla e creano alternative di passaggio al brasiliano. Per il resto in rosa abbiamo giocatori con caratteristiche differenti. Del Piero è un giocatore che vuole la palla tra i piedi, che ama fermarsi, ragionare, magari fare un dribbling e poi tirare o passarla; Trezeguet è invece un centravanti d’area, che aspetta palle giocabili ma che a fine partita non si fa neanche la doccia; Amauri è un cavallo da corsa che però viene più spesso utilizzato “alla Corradi”, per far salire la squadra e permettere ai compagni di salire; Camoranesi è un’ala atipica, che ama impostare l’azione o comunque avere il pallone tra i piedi per inventare qualcosa. Insomma – Vincenzone a parte – non abbiamo tra i nostri giocatori d’attacco nessuno che per caratteristiche si completi bene con Diego. Non a caso il brasiliano il meglio di sè l’ha dato quando giocavamo col 4231 e largo a sinistra c’era Giovinco (o comunque De Ceglie), con Iaquinta e Amauri in avanti a fare movimento per 90°. E’ il suo habitat. Un direttore d’orchestra deve avere tutti gli strumenti accordati come dice lui, per poter interpretare al meglio un brano.

La Juve, oggi, è un mix di tante cose. Di tanti moduli. Di tante caratteristiche diverse. Di modi di giocare differenti, di filosofie differenti, di figurine. Purtroppo è stata costruita male, e ne paghiamo a caro prezzo le conseguenze. Ma non prendiamocela con i singoli. Prendiamocela piuttosto con chi in estate ha svolto questo calciomercato e con chi, dalla panchina, non è riuscito a trovare delle soluzioni valide. Ieri, ad esempio, io avrei optato per un 442 classico con De Ceglie alto a centrocampo, a sinistra, e Candreva a destra. Sarebbero almeno arrivati dei cross, e Diego (inutile in quello scenario tattico), avrebbe riposato. Anche questo è coraggio, e non solo cambiarlo all’89mo per fargli prendere dei fischi.

Il ragazzo, così come Melo, è un patrimonio che dobbiamo assolutamente valorizzare e recuperare. Ma, per farlo, c’è bisogno che lo si metta in condizione di giocare come lui sa.

La coerenza non è di questo mondo (calcistico)…

pulcinellaIL PATTO

«E’ stata una sentenza ridicola, ci sarebbero molte cose da dire. Ringrazio Abete per la coerenza subito manifestata dopo la telefonata che abbiamo avuto domenica. Riscontro davvero tanta sensibilità nei confronti di una squadra che deve rappresentare l’Italia in Champions League. Il presidente federale ha fatto in modo che la nostra vigilia fosse il più tranquilla e serena possibile. Adesso sì che potremo essere sereni per la Coppa…»

Così Massimo Moratti martedì scorso, subito dopo aver appreso delle sentenze del giudice sportivo Tosel. Con una bella faccia tosta. Perchè uno poi si domanda: ma se ci tenevano così tanto a far restare la squadra tranquilla in vista dell’importantissimo match clou di “Coppa” contro il Chelsea perchè hanno poi incoerentemente fatto tutto questo “rumore” (modalità diplomatica ON)? Passi per la foga agonistica dei calciatori (Samuel e Cordoba. Ma anche Milito, su!), che può anche essere interpretata come una “eccessiva voglia di arrivare per primi sul pallone” (mettiamola così.. per restare in modalità diplomatica!), ma qui stiamo parlando di altro, signori miei. Stiamo parlando di un dirigente interista (Oriali, un esperto in materia…) che si è fatto deferire per dichiarazioni censurabili sull’operato arbitrale. Un dirigente, non un Balotelli qualsiasi. E stiamo parlando dell’allenatore dell’Inter – colui che più di tutti avrebbe dovuto avere interesse (ma ce l’aveva?) a far restare la squadra tranquilla e serena (e che a Balotelli lo tratta spesso da bambino scemo) – che è stato squalificato per 3 giornate per aver fatto uno show di 90 (novanta) minuti tra aizzamenti alla folla, gesti mimati delle manette, sorrisi ironici e provocatori, proteste ad ogni fischio. E che, mentre i suoi giocatori scendevano nello spogliatoio imprecando contro l’arbitro (Muntari) e prendendo a pugni un avversario (Cambiasso), era intento a continuare nel suo show personale davanti alle telecamere. Evidentemente, la voglia di far restare la squadra calma, serena e concentrata già sul successivo match di Coppa, era poca. Minore della dolcissima voglia di apparire Special a tutti i costi, anche nelle proteste. Con quale coerenza allora Moratti può parlare di mancanza di coerenza (anche ammesso) di Abete? E mi limito ad osservare questo, senza entrare nei… “dettagli” (chiamiamoli così!), e cioè discutendo del fatto che telefonare al presidente della FIGC per chiedere che il giudice sportivo, terzo e imparziale (così ha voluto proprio Moratti in una sua battaglia post-Calciopoli, a proposito di coerenza..), potesse ammorbidire o comunque posticipare una sentenza (solo per l’Inter, ovviamente) per far restare la sua squadra “calma” in vista di un imminente impegno sia un comportamento non lecito. Ma, si sà, sono dettagli. Moratti le telefonate le fa “cordiali”, e i suoi “vergognoso” sono pieni di classe e onestà intellettuale.

IL MORALIZZATORE

«Meglio non parlare di campionato. Se parlo di campio­nato mi danno 2-3 partite in più di squalifica ed è meglio non farlo. Questo perché mi hanno detto che si è ripetuto quello che è successo a Bari. Stavolta però, nonostante il mio italiano stentato, ho senti­to parole nuove, ovvero “abbas­siamo i toni”. Già, abbassiamo i toni: è così che voi italiani ave­te costruito una storia che mi ha fatto vergognare come uo­mo di calcio. Quando ho sapu­to di Calciopoli, mi sono vergo­gnato terribilmente di dare da mangiare alla mia famiglia con i soldi del calcio. Però ades­so abbassiamo i toni… L’Italia non mi cambierà: sono arriva­to onesto, me ne andrò via one­sto».

Così invece si è espresso ieri l’altra “testa pensante” dell’Inter, ovvere Josè Mourinho. Che, nonostante l’arbitro avesse appena negato due rigori solari al Chelsea, ha trovato – non sia mai – il modo di prendersela ovviamente  col Palazzo. Uno che però arriva a vergognarsi di dare da mangiare alla propria famiglia col calcio avendo “saputo” (prima o dopo aver firmato per l’Inter?) di Calciopoli, per poter dire una cosa simile, deve avere una mezza aureola in testa ed essere inattaccabile. Lo è? No, perchè ad informarsi bene poi si scopre che il suo Porto, l’anno in cui divenne campione di Portogallo conquistando il diritto alla Champions che poi vinse con lo stesso tecnico portoghese alla guida, venne penalizzato di 6 punti per lo scandalo «fischietti d’oro» e che il suo presidente Pinto da Costa venne accusato di maneggi arbitrali e di acquisto di favori sessuali (a base di orge con  le immancabili escort) e squalificato per due anni sempre in seguito a quella complessa vicenda giudiziario-politico-sportiva che sconvolse il Portogallo tra il 2006 e il 2009. L’unica cosa di cui ci si dovrebbe vergognare semmai è che lì le cose le hanno fatte per bene: intercettazioni (e ci siamo), processi penali (e non ci siamo più), poi la giustizia sportiva che non ha potuto utilizzare le intercettazioni (e siamo distanti anni luce) e, dulcis in fundo, l’UEFA che – invece di vendicarsi in chissà quale modo – ha eccepito l’impossibilità di entrare nel merito ammettendo il Porto all’attuale Champions League, nonostante l’illecito accertato. E’ vero, Calciopoli è una vergogna. Ma in altri sensi. Ed è vero, Mourinho dovrebbe vergognarsi del suo stipendio, per il semplice fatto che non passa settimana che lo rinfacci a mezzo mondo. Insomma a farci la morale è un allenatore che ha vinto, in Portogallo, uno Scudetto con l’asterisco. Ma onesto a prescindere. Perfetto per l’Inter.

I FASTIDIOSI

«Sono arrabbiato. E indignato. Ieri è accaduto qualcosa di scandaloso. Dopo Monaco pensavo di aver visto tutto. Invece si è andati oltre. Se c’è un criterio nelle scelte, come si può mandare Rosetti in una partita come quella di ieri? Con quei precedenti? Spero che Collina o Abete un giorno me lo possano spiegare, ma so che queste risposte non arriveranno mai. Dopo tutti questi anni in cui siamo arrivati in Champions League forse diamo noia a qualcuno. Con quanto accaduto ieri la speranza di arrivare quarti è svanita del tutto. Voglio capire cosa ha fatto di male questa Fiorentina. Il rigore su Montolivo era troppo netto, e non vengano a parlarci di strane regole del vantaggio. Rosetti non alza le braccia, ma fa segno chiaramente al nostro capitano di rialzarsi. E’ stata toccata la nostra dignità, quella della squadra e della città di Firenze; che come sempre ha risposto in maniera civile. I tifosi viola sappiano che la società è presente e vigilerà attentamente su quanto sta accadendo”.

Senza entrare nel merito (vorrei solo ricordare ai Della Valle che sono l’ultima squadra della parte “sinistra” della classifica, e che domenica rischiano di passare “a destra”, se non fanno 3 punti..), ricordo a tutti come Riccardo Montolivo, proprio lui, aveva commentato così alla vigilia la scelta di Rosetti da parte di Collina: “Non c’è nessun problema, per me Rosetti è uno dei migliori arbitri italiani”. Non serve aggiungere altro, parlando di coerenza. Anzi sì, una cosa sola, a proposito di… pelati! Noi Ovrebo lo conosciamo da prima di loro. Già, perchè, come dimostrato nella “fotomoviola” di allora, concesse al Bordeaux un gol in fuorigioco nella prima giornata di Champions di quest’anno. Facendoci perdere 2 punti. E Platini era (anche allora) juventino.

Platini è Juventino, quindi si dimetta!

Premessa fondamentale: la terna arbitrale ha pesantemente penalizzato la Fiorentina contro il Bayern Monaco, falsando il risultato soprattutto (ma non solo) grazie alla concessione del gol di Klose, in fuorigioco di almeno 2 metri. Postiamo la diapositiva giusto per mostrare al massimo la nostra solidarietà, vera, nei confronti di una squadra che, seppur rivale, resta comunque italiana.

La Fiorentina ha perciò tutte le ragioni del mondo di protestare (certo, alla fine anche noi della Juve, ad essere pignoli, abbiamo perso 2 punti contro il Bordeaux perchè loro ci hanno fatto un gol in fuorigioco, e con quei 2 punti saremmo alla seconda fase, qualificati. Ma noi rubiamo..). Poi però – siamo pur sempre italiani.. – una volta subìto un torto, scatta subito la corsa al colpevole. Il complotto. Il Palazzo (o Palazzi, dipende). E in questo caso è stato individuato, almeno dai tifosi, in Michel Platini. Juventino. E quindi da attaccare. In particolare, hanno fatto il giro del web queste diapositive (tratte dal sito ladyradio.it) che ritrarrebbero, a leggere certi commenti in giro, il presidente dell’UEFA mentre ride ed esulta, assieme agli amici tedeschi, del gol irregolare del Bayern. Indignazione, “Platini figlio di Moggi”, “gobbo”, eccetera..

platini esulta

Poi però esiste il mondo reale. E si scopre – senza neanche fare grandi ricerche al CSI – che i fotogrammi si riferiscono ad una azione precedente, con un errore di due attaccanti del Bayern che, ostacolandosi a vicenda in maniera goffa, non riescono a concludere. E Platini sorride dell’errore proprio come farebbe uno spettatore neutrale che assiste al match. E si scopre pure che alla sua sinistra è seduto Della Valle in persona. Ma a chi importa la verità? “Platini è gobbo”. Tanto basta.

P.S.
Suggerimento: Abete ha appena dichiarato di essere tifoso bianconero da bambino. Si accomodino..

Dossier: le medie spettatori nei principali campionati d'Europa

stadi europeiIl calcio, è banale dirlo, è un universo molto dinamico in continuo cambiamento. E, come tale, diventa quindi un fenomeno molto complesso e variegato, da studiare.

La storia di questo sport è fatta di grandi campioni, di partite che hanno scritto pagine memorabili, di goal strepitosi, di parate fantastiche, di infortuni tremendi, di gioie e di dolori… di emozioni. E’ fatta di tifosi, di colori, di cori, di striscioni, di stadi stracolmi, di campi sterrati ai bordi della tangenziale, di spiagge assolate, di corse sotto la pioggia…

E poi, sempre di più, è fatta di soldi. Ma del resto, nella nostra società, non può essere altrimenti: tutto gira sempre più attorno al denaro ed uno sport come questo, capace di veicolare l’attenzione di così tanti milioni di persone nel mondo, non poteva certo pensare di poterla scampare, riuscendo quindi a non finire con l’essere trattato a mo’ di business. Sono i soldi, insomma, a farla ormai da padrone.

In questo senso i tifosi diventano quindi una parte fondamentale per l’ingranaggio-calcio: da sfruttare non tanto più per il supporto che essi possano dare ai giocatori in campo, quanto per mungere quanti più soldi possibili, ingrossando sempre più il giro d’affari che gravita attorno a questo sport.

Alla cosa non sono rimaste indifferenti nemmeno le tv, che hanno iniziato ad offrire sempre più servizi in cambio di abbonamenti sempre più costosi, andando quindi, di riflesso, a coprire di soldi le società. Facendo, fondamentalmente, diventare il calcio uno sport da salotto: ormai è infatti possibile seguire la propria squadra del cuore in qualsiasi competizione, dall’amichevole estiva più inutile alla finale di Champions League o del Mondiale per Club. Bisogna solo essere disposti a pagare per poi mettersi comodi in poltrona e godersi lo spettacolo: ad intrattenere il pubblico, oltre agli attori principali (i giocatori), ci pensano telecronisti, opinionisti, bordocampisti, telecamere che possano dare le prospettive più disparate e moviole d’ogni tipo.

E in tutto questo il tifo più puro, quello che spinge la gente a recarsi allo stadio con qualsiasi condizione atmosferica pur di poter sostenere i propri beniamini, che fine ha fatto? Beh, è stato sicuramente un po’ frustrato dall’ingresso massivo delle tv nel calcio (perché di solito si dice che è il calcio ad andare in tv, ma guardando come sia stato il calcio ad essere colonnizzato direi più che altro che è successo il contrario).

Questo ha quindi portato, in alcune zone del mondo, ad un abbandono più o meno significativo dello stadio da parte dei tifosi che, sempre di più, preferiscono farsi viziare dalle tv piuttosto che recarsi allo stadio.

In questo pezzo non si vuole comunque analizzare tanto i perché della cosa, quanto più dare uno spunto per iniziare un discorso, analizzando dei casi concreti. Sbirciando i freddi numeri un’idea di cosa può essere successo ce la si fa: non in tutti i paesi, infatti, si è avuto un calo di tifosi allo stadio. In alcuni, anzi, si è avuto un aumento di presenze. Questo, Guarda caso, è generalmente avvenuto proprio in quei paesi in cui gli stadi sono moderni e sicuri ed in cui si è creata una cultura che tende a vedere il calcio come uno spettacolo e non come una battaglia. Perché del resto nessuna televisione, per quante telecamere possa mettere in campo, potrà mai portare in casa l’atmosfera che si respira dagli spalti, né riuscirà mai a coinvolgere come può fare l’aria che si respira sulla gradinate.

Di contro là dove si è agito con noncuranza si cominciano a vedere i frutti, marci, di questa malapolitica: stadi per nulla moderni (finanche fatiscenti), scontri quasi all’ordine del giorno, pochi servizi per i tifosi… tutte queste cose non possono che spingere la gente ad allontanarsi dall’arena, che dovrebbe invece essere il luogo principale in cui vivere questa passione.

Ma andiamo a vedere nel dettaglio i dati che certificano come in alcuni paesi ci sia una crescita delle presenze allo stadio ed in altri una diminuzione delle stesse, di modo che ognuno possa farsi una propria opinione personale.

Partiamo proprio dal nostro Belpaese, l’Italia.

La nostra Serie A ha una media-presenze di 23.899 spettatori a partita e si posiziona al quarto posto euroepo. Meglio del nostro massimo campionato, infatti, troviamo solo Bundesliga (primo campionato in assoluto per presenze allo stadio, 42.790 in media), Premier League (34.088) e Liga spagnola (28.971).
Insomma, in sè non ci va nemmeno così malaccio, no?

Beh, no. Perché dietro di noi lasciamo solo campionati che, senza offesa per gli stessi, ci sono indubbiamente minori tanto da un punto di vista tanto tattico – soprattutto – quanto tecnico. Ligue 1, Eredivisie, Primeira Liga portoghese, Scottish Premier League, Jupiler League belga… insomma, tutti campionati che non possono competere sotto nessun punto di vista con il nostro.

Gli unici che sulla carta potrebbero competere sono proprio quei tre che ci stanno davanti. E da questo confronto ne usciamo con le ossa assolutamente rotte. Rispetto ai tedeschi, che indubbiamente beneficiano dell’effetto Mondiale (con l’innovazione agli stadi che ha comportato ovviamente), facciamo addirittura poco più della metà dei loro spettatori.

E proprio l’Italia è, secondo me, l’esempio più lampante da portare quando si parla, come fatto poco più su, di paesi in cui si è agito con noncuranza, andando a svalutare il prodotto-calcio.
Perché il calcio italiano, al di là del fatto che è bistrattato da molti che pensano si fondi solo sul catenaccio, avrebbe un valore altissimo: storia, bacheche traboccanti, fine tatticismo, professionalità ai massimi livelli e molte altre qualità che ne fanno uno dei vertici mondiali. Proprio in questo senso andrebbe valorizzato, andando a lavorare anche su aspetti, proprio come stadi più moderni e funzionali, che oggi sono assolutamente abbandonati a loro stessi.

In Italia del resto, purtroppo, lo stadio di proprietà è qualcosa di ancora lontano. E questo è assolutamente penalizzante per le nostre società, sia da un punto di vista degli incassi che da un punto di vista della funzionalità degli stadi stessi. Abbiamo bisogno di stadi di proprietà che siano costruiti con un’ottica moderna, che siano ricchi di confort e che diventino un centro ricreativo importante quanto lo sono i cinema adesso. Dobbiamo insomma far diventare lo stadio un punto di aggregazione di persone vogliose di godersi uno spettacolo live, non di assistere, sedendosi su poltroncine scomode ed avendo giusto i servizi essenziali, a quelle che spesso si trasformano, dentro lo stadio o attorno ad esso, in guerriglie urbane.

Perché del resto se analizziamo l’evoluzione delle presenze allo stadio appare lampante come la gente in Italia si stia disinnamorando dello stadio, e di questa cosa sono proprio i vertici politici (calcistici in primis, ma non solo) ad esserne i principali responsanbili.

Del resto se torniamo indietro nel tempo, fino addirittura ai mitici anni sessanta, troviamo dei dati che sono piuttosto simili a quelli di oggi: nel campionato 1962/1963 ad esempio la media spettatori della Serie A si attestò sulle 22.363 presenze. Nel leggere questo dato dobbiamo però tener conto anche del fatto che squadre come Bari e Lazio si trovavano in Serie B (dove fecero comunque una media di quasi 20mila spettatori cadauna) a discapito di Vicenza e SPAL, per dirne due, che fecero invece circa la metà dei presenti. Senza tener conto, ovviamente, che un Bari ed una Lazio in A avrebbero fatto registrare una media ancor più alta di quella fatta registrare quell’anno in cadetteria (tanto che l’anno successivo fecero rispettivamente quasi 2mila e 7mila spettatori in più trovandosi in Serie A).

Dati simili, ma che parlano di un’Italia completamente diversa. Quindi fare un paragone resta pur sempre difficile. Anche recarsi allo stadio, per chi non abitava in città (pensiamo soprattutto a casi come Juventus, Inter e Milan, che hanno ad ogni partita casalinga molti spettatori che vengono da ben fuori città, quando non da un’altra regione), poteva essere molto più complicato (o lungo) di oggi, ad esempio.

Continuando ad analizzare i dati, comunque, troviamo come alla fine di quel decennio le presenze erano già cresciute notevolmente, e darebbero biada ai numeri attuali: nel campionato 1968/1969 la presenza media si attestò infatti a 28.410 presenze, parliamo di quasi 5mila unità in più rispetto ad oggi per ogni partita (in media). Notevole.

Ma il meglio è lì da venire: nel decennio successivo i numeri si alzano ulteriormente, tanto che di quei dieci campionati uno solo (1971/1972) terminò con una media inferiore alle 30mila unità. Il picco lo si ha nel 1973/1974, quando cioè la Serie A registra una media di ben 34.914 spettatori a partita, ovvero sia quasi 10mila presenze in più di oggi.

Ma è nel decennio successivo, più precisamente nella stagione 1984/1985, che il nostro massimo campionato raggiunge il picco di presenze più alto degli ultimi quarant’anni: è proprio all’ora, infatti, che gli spettatori mediamente presenti ad un match di Serie A sono ben 38.872, ovvero sia 15mila più di oggi. Numeri da capogiro potremmo dire, posto che se ci appartenessero ora ci porrebbero dietro alla sola Germania.

Il decennio dei Novanta continua quindi ad essere prolifico da un punto di vista di presenze allo stadio. Meno rispetto a quello precedente ma su livelli ben maggiori di adesso, tanto che, a occhio, le presenze medie si attestarono più o meno attorno alle 30mila. La punta, in questo caso, sfiorò quella fatta registrare negli anni ‘70, con 34.204 presenze nella stagione 1991/1992.

Nell’ultimo decennio, quindi, un lento ma costante decadimento.
Si comincia con la stagione 99/00, con una media di 29.908 presenze a partite. Media che la stagione successiva scende a 29.598, 1% in meno rispetto all’anno precedente. Ma è nella stagione 01/02 che c’è una sorta di tracollo: le presenze medie calano infatti del 12,1%, passando a sole 26.019 unità per partita. In questo caso però, c’è da sottolinearlo, una grossa incidenza l’ha avuta la retrocessione del Napoli in B, che solo fino all’anno prima portava allo stadio quasi 40mila persone ad ogni partita casalinga. Retrocessione solo parzialmente tamponata dal ritorno in A del Torino, che al suo ritorno in paradiso ne fece circa la metà.

Nel 2002/2003 l’ennesimo calo, che porta le presenze medie quota 25.474, con un calo del 2,1% rispetto all’anno precedente. Praticamente invariate, invece, le medie delle due stagioni successive: 25.469 prima, 25.472 poi. Nelle due stagioni seguenti si avranno quindi altrui due collassi, che porteranno la media spettatori a raggiungere livelli davvero quasi imbarazzanti. Nel 2005/2006 ci sarà un calo, rispetto alla stagione precedente, del 14,8% che porterà ad una media di 21.698 spettatori. Media che scenderà di un altro 14,9% l’anno successivo, attestandosi a 18.473. Ma, anche in questo caso, c’è da fare una sottolineatura importante: la stagione 2006/2007 è infatti sì quella che segue il Mondiale vinto in Germania ma anche, e soprattutto ai fini di queste statistiche, quello che vede la Juventus (e tante altre piazze importanti come Napoli, Genoa e Bologna) in B.

L’anno successivo, con Napoli, Genoa e Juventus tornate nel massimo campionato, si ha quindi una crescita importante che si attesta addirittura al 25,5%, portando ad una media di 23.180. La scorsa stagione, quindi, si ha avuto una crescita di un altro 8% mentre ad oggi, rispetto proprio al 2008/2009, la Serie A ha perso il 4,6% di tifosi, cosa che porta, appunto, a trovare quel 23.899 che è il dato di presenze medie attuali.

Insomma, ottimi risultati nel passato remoto ed un passato recente, complice anche la vicenda Calciopoli (perché l’assenza della Juve, e probabilmente la sfiducia nel mondo del calcio in generale, incise negativamente anche su molte squadre rimaste in A, che fecero molti meno spettatori di quanto accaduto l’anno precedente), piuttosto grigio.

In netta controtendenza vanno invece le cose in Germania, dove il pubblico invece di diminuire come da noi cresce.

Negli anni sessanta il picco fu molto simile: nella stagione 64/65 la Bundesliga fece una media di 28.704, un picco che non avrebbe però più ripetuto nei tristi anni settanta dove si arrivò a toccare addirittura i 17.476 spettatori di media (stagione 72/73), con un massimo di 27.642 nel 77/78, circa 7mila unita in meno di quanto fatto registrare dal picco italiano di quegli anni. Una situazione davvero da considerare d’altri tempi, se pensiamo ad oggi.

Le cose peggiorarono ulteriormente negli anni 80 quando in ben quattro occasioni non si arrivò nemmeno alle 20mila presenze medie e dove il picco si ebbe nel campionato 79/80, quando la Bundesliga registrò un’affluenza media di 24.294 spettatori, 14mila spettatori in meno del nostro picco di quel decennio.

Le cose iniziarono a cambiare in maniera netta quando arrivò l’unificazione della Germania (i dati precedenti a quel momento si riferiscono alla Germania Ovest). Tanto che da lì in poi l’affluenza crescerà di anno in anno senza sosta sino al campionato antecedente al Mondiale di Francia dove si arrivò ad un picco di 32.733 presenze, di qualcosa inferiore al picco italiano di quel decennio ma di poco superiore alla media avuta nel Belpaese quell’anno. In Italia, infatti, ci fermammo a 31.160 spettatori. Il sorpasso, comunque, era già arrivato l’anno precedente, quando in Germania ci furono circa millequattrocento spettatori più che in Italia, in media.

Vantaggio che sarà quindi destinato ad aumentare, sia per il trend negativo avuto in Italia – e di cui abbiamo parlato in precedenza – sia per il trend positivo vissuto in Germania.

Nell’ultimo decennio, infatti, le presenze negli stadi teutonici è cresciuta fortemente sino ad arrivare attorno alle 40mila presenze di media a cavallo delle stagioni che racchiudevano tra esse il Mondiale da loro organizzato. Dopo l’ulteriore 8%  di crescita avuto la scorsa stagione (con il risultato incredibile del neopromosso Hoffenheim capace di crescere del 365,4% rispetto all’annata precedente e con i risultati di tutto rispetto fatti registrare da Leverkusen, Moenchengladbach, Herta, Colonia e Wolfsburg, cresciuti rispettivamente del 20.4, 17.2, 14.8, 12.7 e 12.5 percento rispetto all’anno prima), quindi, l’ulteriore 0,5% di crescita su cui si stanno assestando quest’anno, che porta all’incredibile risultato di 42.790 spettatori in media ad ogni partita. Davvero notevolissimo.

La differenza tra chi ha lavorato bene e chi non l’ha fatto, insomma, sembra piuttosto evidente.

Sperando che questo sia un monito importante per il futuro, di modo da riportare il nostro calcio ad avere le affluenze allo stadio che gli competono.

Per finire il discorso sulle medie dei vari campionati andiamo quindi a vedere la classifica europea di affluenza, tanto per avere un’idea generale di come vanno le cose nel Vecchio Continente. Ecco quindi qui di seguito i primi 30 campionati ordinati secondo la media di affluenza:

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Come è possibile notare da questa tabella, quindi, è l’Inghilterra a farla da mattatore: nei primi trenta posti piazza infatti le prime quattro divisioni dei propri campionati passando dai 34.088 spettatori che registra la Premier ai 3.843 della League Two, un risultato tutto sommato buono se pensiamo che è solo di poco inferiore ai massimi campionati rumeni ed isrealiani. E parliamo di ciò che in Inghilterra equivale alla nostra Seconda Divisione di Lega Pro, la vecchia C2.

Notevole anche il risultato dei tedeschi, che piazzano le prime tre divisioni nei primi trenta posti passando dai numeri incredibili fatti registrare dalla loro serie di vertice sino ai 5194 spettatori che registra la 3rd Bundesliga, la loro Prima Divisione di Lega Pro. Risultato questo che piazza la loro terza serie davanti a campionati come l’Estraklasa polacca o la Gambrinus Liga ceka e ad un tiro di schioppo dalla nostra Serie B che oltre a fare poco più della metà degli spettatori che totalizza la League One (terza serie inglese) si piazza anche notevolmente dietro alla Ligue 2, la sua omologa francese.

Italia insomma fortemente bocciata, mentre oltre a registrare gli ottimi risultati di tedeschi ed inglesi, oltre ai buoni risultati dei francesi, bisogna anche far notare come anche la Russia piazzi le sue prime due divisioni in classifica.

Molto deludente invece, almeno rispetto a quanto mi sarei aspettato, il Portogallo, che si piazza al tredicesimo posto dietro all’insospettabile Belgio. Che anche i lusitani abbiano gli stessi problemi italiani nel valorizzare il prodotto calcio e nell’attirare i tifosi allo stadio?

(Credits: SciabolataMorbida)

Caro Roberto.. Lettera aperta a Roberto Bettega per istituzione Sala della Memoria

roberto bettega heyselDa (troppo) tempo l’amico Domenico Laudadio, sia tramite il suo sito ufficiale che tramite lettere aperte (e chiuse) diffuse via web e a mezzo stampa, richiede – e faccio mia la nobile richiesta – che la Juventus istituisca una sala della memoria dedicata ai 39 angeli dell’Heysel. La seguente è la terza scritta in pochi mesi, dopo gli inaccettabili silenzi di Giovanni Cobolli Gigli e Jean-Claude Blanc. Questa volta è diretta a Roberto Bettega, l’ultimo baluardo di Juventinità rimasto. La riporto perchè bellissima e per darle visibilità. Sperando in una risposta.

Carissimo Roberto,

mi permetto di darti del tu, perchè un bambino non teme mai dai suoi sogni. Forse tu non lo immagini, ma io volavo proprio quando le tue braccia si elevavano al cielo e principe delle aree svettavi regale in quelle immagini senza colore. Eri maestro e carezza di parole mai banali, dal sorriso appuntito e con quel fendente di lama vincente in campo, da imitare. E’ in virtù di questo intimo legame che oggi busso temerario al portone del tuo maniero, perchè sei rimasto l’ultimo templare di una fede, così nobile e antica ed a molti ieri come oggi invisa. La bandiera arrotolata, il cuore in tumulto, una gioia a metà fra l’orgoglio e l’orrore nel mio passo spedito verso casa. Vent’anni sono troppo pochi per capire che la vita di un uomo vale più dell’esultanza di mille altri. Una macchina strombazzava invereconda, qualcuno che esultava nell’abitacolo, io alzo il pugno rabbiosamente in alto in segno di vittoria, poi mi gela da dentro una brezza di vergogna che ho seppellito in terra sconsacrata per cinque lustri nella coscienza. Ci sono vittorie e sconfitte nella vita, ma ciò che t’insegna i passi di danza del respiro del mondo è la verità che giace nel fondo delle cose. Per questa ragione è nato il mio sito in memoria dei caduti di Bruxelles, http://www.saladellamemoriaheysel.it, il 22 febbraio dell’anno scorso.

L’Heysel è una pagina di storia che qualcuno infantilmente ha stralciato nel grande libro della Juventus e che non riceve più ospitalità neanche sul suo sito ufficiale. Aleggia ancora imbrattata dal sangue di innocenti peregrinando in quella sala dei trofei come un fantasma ed intimando al metallo anonimo della vanagloria posato sulla fredda bacheca di costituirsi responsabilmente ai vincoli della memoria. Basterebbe un lembo di stoffa bianca e nera a marchiarla, affinchè quella coppa si trasformi da calice amaro in un venerabile Graal di juventinità. Nell’archivio polveroso dell’oblio, come sacchi di patate, abbandonati sono ancorà là, in un angolo, i bozzoli inermi di quei 39 angeli. Se avrai la bontà di scendervi assieme a noi, scoprirai il sollievo di un brivido precoce di giustizia e la calorosa vampa della memoria che non giudica, ma unisce in un solo abbraccio le vittime ai carnefici e chi l’ha messa al bando in tutti questi anni, confinandola fino a lì.

Carissimo Roberto, l’onore è una scuola che ti annovera fra i suoi luminari emeriti, riscendiamo insieme in quello scantinato da chi impose al circo di non fermarsi, immolando l’inciampo nel vuoto di acrobati e funamboli alla ragione di stato. Non fummo colpevoli noi di generare quella infame mattanza, ma gaudenti di banchettare all’effimero trionfo, come fosse Pasqua sul golgota, quando avremmo dovuto soltanto piangere. Voltati, siamo in tanti, abbiamo pochi fiammiferi per illuminare un ricordo, ma siamo venuti fino a te per chiederti una sala della memoria dove riscrivere definitivamente la medesima storia abbagliandola di fiaccole eterne, un luogo perenne dove sussurrare una preghiera, posare un fiore, imparare da un silenzio più grande. Un museo multimediale che trasmetta un messaggio autorevole contro la violenza, nel nuovo stadio della Juventus, ma anche un simbolo che non faccia alcuna distinzione fra le bandiere.

Carissimo Roberto, ho già scritto agli ultimi due presidenti, che hanno pensato fosse più in stile non rispondermi, ma è la prima e l’ultima volta che scrivo veramente alla Juventus, perchè tu ne sei l’ultimo baluardo. Tu che per l’amata sovrana non hai disdegnato le lacrime, che ne conosci tutte le anse del cuore e ne sei amante fedele, riportale a casa quei figli dispersi nel Belgio, ricordarle uno ad uno i loro nomi, prima che calino altri venticinque sipari di tenebra. Noi tifosi non abbiamo mai dimenticato. Confidalo da parte nostra all’orecchio della divina signora, c’è sempre tempo per l’amore.

6/2/2010

Con affetto.
Domenico Laudadio

Pillole varie dal mondo del pallone..

capello terryTra il tragico e il comico..

VIAREGGIO – Stiamo seguendo come blog la manifestazione, e in particolare le partite della Juventus. Ma ieri è accaduta una cosa grave, che dovrebbe far riflettere tutti. La partita tra Sampdoria e Club Nacional di Montevideo disputata presso il campo La Sciorba di Genova è iniziata nonostante la richiesta dei giocatori di rimandarla per le condizioni ostili (vento, freddo polare e neve). L’arbitro ha deciso di farla disputare ugualmente nonostante i -2° e il risultato è stato che due giocatori sono finiti in ospedale e tre curati dal medico della Sampdoria per principio di assideramento. Tecnicamente si chiama “gelicidio” (pioggia ghiacciata, acqua che tocca terra e ghiaccia all’istante, insieme al vento), ma si è sfiorato un altro…. cidio! La Samp, intanto, ha già comunicato che non si presenterà alla gara programmata per oggi alle 15 presso lo stadio “Benelli” di Lido di Camaiore con inizio dal 1′ del primo tempo. Questo per tutelare la salute e l’integrità fisica dei propri calciatori. Applausi. E non ce ne vogliano gli amici del Siena, vittime sacrificali di tale protesta.

TERRY – In Inghilterra è da diversi giorni che impazza la “questione Terry”. Il capitano dei Blues e dei Leoni inglesi è stato colto in fallo (..) avendo portato avanti per mesi una relazione extraconiugale con la moglie di Wayne Bridge, suo ex compagno di squadra nel Chelsea al quale fece anche da testimone di nozze. Una brutta storia. Certo, conoscendo JT non una storia imprevedibile, viste le 8 (accertate) relazioni extraconiugali consumate negli ultimi 18 mesi, e visto il background familiare non proprio esaltante (il padre è stato colto a spacciare, mentre la madre a rubare in un supermarket.. e lui stesso pare sia un malpagatore, con debiti ovunque e un comportamento non certo esaltante). Ma il punto è un altro: John gode di un carisma illimitato,  a Londra. Tutto sembra essergli permesso. Queste cose si sapevano da tempo.. ma nessuno ha mai pensato realmente potesse essere messo in discussione. Lui stesso, fino a ieri mattina, continuava a dirsi sicuro di mantenere la fascia di capitano, nonostante la convocazione ufficiale di Capello che chiedeva chiarimenti. Alle 15 il famoso incontro con l’ex tecnico bianconero si è consumato a Wembley. Dodici minuti, c’è chi li ha contati. Alcuni dicono undici. Sono comunque bastati al tecnico friulano per liquidarlo. “Sacked”, in inglese. “Dopo una lunga riflessione, ho deciso di togliere a John la fascia di capitano dell’Inghilterra. Come capitano della nazionale, ha sempre tenuto un comportamento estremamente positivo. Ma ci sono altri fattori di cui ho dovuto tener conto e ho preso questa decisione per tutelare la squadra”. Comunicato ufficiale compreso. Benvenuto nel meraviglioso mondo di “Don” Fabio Capello, John. A proposito: il nuovo capitano scelto da Capello è Rio Ferdinand del Manchester United. Per non farsi mancare nulla, ecco l’elenco delle sue malefatte riportato dalla Gazzetta…

RANIERI – A proposito di Capello, sottolineo con un pizzico di malizia come Ranieri sia arrivato a quota 18 partite consecutive senza sconfitte: 15 vittorie e 3 pareggi. Liedohlm a parte (ma era un altro calcio, altri tempi), il record lo detiene proprio Fabio Capello, stagione 2003/04, con 20 partite utili consecutive. Che dire.. meglio non dire niente!

FAIR PLAY IRANIANO – Guardate questo video. Il protagonista si chiama Amin Motavassel Zadeh, nome che scorderemo dopo 10 secondi. Il gesto però è di quelli che fanno riflettere. Col portiere a terra a seguito di uno scontro di gioco, l’attaccante – invece di approfittarne – butta il pallone fuori. Applausi-bis. Però poi uno si ferma un secondo, riflette, ripensa alle motivazioni lette nel sito degli Ju29ro sul giudizio in rito abbreviato a Giraudo e il pensiero torna a quel gol di Mannini con De Santis a terra, segnato nonostante tutto. E alla rissa del dopo-partita, culminata con un pugno di Jankulovski ad un giocatore del Brescia. Per i giudici fu un rosso “premeditato” richiesto dalla “Cupola”. Solo in Italia.

NEURONI – «Lui ha tanti milioni di neuroni e allenandosi insieme a Zanetti, Cambiasso, Materazzi e Samuel può solo che migliorare. Se uno lavora con loro e non riesce ad imparare vuol dire che ha un solo neurone». Così uno straordinario Mourinho descrive McDonald Mariga. Chiaro il riferimento a Mario Balotelli. Suggerimento per gli ultras bianconeri: “Balotelli ha 1 neurone” si può dire, non è razzismo. C’è il precedente. Grazie Mou.

CONFUSIONE – Daspo di un anno: questo il provvedimento scelto dal questore di Sassari nei confronti del giocatore dell’Olbia Giuseppe Giglio, dopo l’aggressione al portiere Simone Aresti avvenuta nell’intervallo del derby tra Alghero e Olbia. Ma Giglio di mestiere fa il calciatore, e quindi potrà continuare a giocare regolarmente. Niente spalti, ma solo in campo. Geniale.

PROCURE – «Proporrò l’istituzione di una commissione di inchiesta su Calciopoli». Marco Beltrandi, parlamentare del Partito Democratico (Radicale), ha annunciato l’iniziativa nel corso della trasmissione ‘La Juve è sempre la Juve’, in onda su T9, e condotta dagli amici Antonello Angelini e Massimo Zampini (per stavolta la pubblicità è gratuita…). Il deputato, ha spiegato: «Ho intenzione di presentare alla commissione cultura della Camera, che si occupa di sport, un progetto di legge per istituire una commissione di inchiesta su Calciopoli. Su una vicenda di questo rilievo, anche la politica, non sovrapponendosi ai processi, deve chiarire cosa è successo». Nelle scorse settimane Beltrandi aveva presentato una interrogazione in commissione vigilanza, sulla mancata presenza dell’ex designatore arbitrale Paolo Bergamo nelle trasmissioni Rai che si sono occupate del processo di Napoli. Ne parlavo oggi al bar con il solito barista interista: “In Parlamento dovrebbero occuparsi di cose più serie”. Facile la risposta: “Perchè, in Procura?”.

TAMPONAMENTO – È cominciata male la trasferta della Juventus a Livorno. Ieri sera il pullman che trasportava la squadra bianconera all’Hotel Palazzo, dove è alloggiata, ha tamponato una volante della polizia che la stava scortando lungo il tragitto urbano sulla Variante Aurelia. Nello scontro, come riporta stamani il quotidiano Il Tirreno, hanno avuto la peggio i poliziotti, uno dei quali si è fatto refertare in ospedale per un colpo di frusta. Nessun danno, invece, a bordo del pullman tra i giocatori e lo staff dei bianconeri. L’incidente è stato provocato dalla stessa volante della polizia che ha improvvisamente arrestato la marcia per un guasto meccanico e l’autista del pullman, Riccardo Scaletta, non ha fatto in tempo a frenare urtandola piuttosto violentemente sul retro. Chi ben comincia…

Marcello Lippi e lo strano ostracismo dei tifosi

marcello lippi juventusOrmai è diventato ufficialmente “il male” assoluto della Juventus. Forse più di Blanc, a leggere alcuni interventi nel web. Lui, Marcello Lippi da Viareggio, il Marcello Nazionale, un tempo tanto amato, è ora forse nella top-5 delle persone più odiate dal popolo bianconero del web. Perchè? Colpa di una focaccia mangiata assieme a Blanc in estate, e del suggerimento di acquistare Grosso e Cannavaro (e c’è chi dice pure Candreva). Bene. Preso atto di questo, e conscio del fatto che probabilmente l’articolo farà discutere (è il bello di un blog di approfondimento come questo..), lasciatemi sfatare alcuni falsi miti e mettere i puntini sulle i:

1) l’errore principale commesso dalla “nuova” Juventus post-triade è stato a mio avviso – l’ho sostenuto dal primo giorno quindi non sono uno che lo dice guardando col senno di poi alla classifica attuale – cacciare Ranieri per prendere Ferrara. Mi spiego meglio: Claudio Ranieri, tecnico di esperienza con 30 anni di carriera alle spalle (più quella di calciatore), ha sempre fatto rendere le squadre per il loro reale potenziale. Certe annate meglio, altre peggio, ma è un allenatore preparato, non un fenomeno ma neanche un dilettante allo sbaraglio. Quando nel 2007 gli è stato fatto firmare un triennale, l’obiettivo era già quello di riparlarne nel 2010 vista la concomitanza con il Mondiale che avrebbe “liberato” diversi allenatori impegnati con le nazionali e, probabilmente, creato un pò di movimento-allenatori offrendo diverse chances. L’obiettivo, da subito, è sempre stato Marcello Lippi. Come allenatore o come direttore tecnico, guida per un giovane esordiente. Proprio per questo interrompere a 2 giornate dalla fine del secondo anno di tre il rapporto con il tecnico di Testaccio è stato un brutto errore. Perchè a quel punto non puoi – come fatto – porti come obiettivo comunque quello di arrivare al 2010 (e riparlarne). A quel punto devi cambiare radicalmente i piani e prendere da subito un allenatore (disponibile e credibile) per iniziare un nuovo progetto. Uno Spalletti, un Conte, un Roberto Mancini, uno Scolari, un Juande Ramos, un Giampaolo, un Allegri.. (i nomi fateli voi, faccio solo degli esempi): gente con la quale iniziare subito un cammino indipendente (non necessariamente incompatibile ma comunque indipendente) dal progetto Lippi, e di durata almeno triennale. Quello che è successo, e la colpa non è di Lippi, è che si è deciso di fare entrambe le cose: cacciare Ranieri e al tempo stesso sostituirlo con il Ferrara di turno, a sua volta traghettatore con scadenza 2010. Questo ha di fatto messo la Juventus nella situazione attuale, dove abbiamo un traghettatore del traghettatore subentrato al traghettatore ufficiale. Con il rischio, concreto, di dover abbandonare pure il progetto Lippi ed aver perso un anno (o forse tre?) inutilmente. Avessimo tenuto ancora Ranieri, saremmo arrivati tranquilli fino a giugno e poi avremmo avuto tutta la libertà del mondo per scegliere progetti e uomini. Perchè non lo abbiamo fatto? Perchè “il pesce puzza dalla testa”, come detto, e la Società è stata colpevolmente assente consentendo ad un gruppo di “ribelli” di avere la meglio sul tecnico romano scegliendosi pure il sostituto amico (con tutte le conseguenze del caso). Il responsabile, perciò, diciamolo chiaramente, non è Lippi, reo solo di essere credibile e apprezzato. Ma è la dirigenza, assente, che ha creato questa situazione paradossale e a mia memoria mai vissuta prima.

2) passando al calciomercato, il problema di quest’anno è stato l’acquisto di Felipe Melo al prezzo spropositato di 25 milioni di euro. Non discuto le qualità del giocatore, ma il suo valore di mercato. A conti fatti la cifra investita è risultata davvero troppo elevata, per due motivi: primo, perchè il ragazzo non li vale, e secondo, perchè così facendo si è esaurito il budget nonostante alcuni “buchi” nella rosa andassero ancora tappati. Io stesso, umile blogger a tempo perso, scrissi a suo tempo un articolo nel quale contestavo, prima ancora che avvenisse, l’eventuale acquisto di Melo a quella cifra. Sarebbe stato più giusto, probabilmente, investire 10-15 milioni per un centrocampista adatto al rombo (Melo, ormai lo abbiamo capito, non è adatto), magari giovane e da valorizzare modello-Sissoko, e spendere la parte residua di soldi a disposizione rinforzando la difesa. Così non è stato, ed è per questo che abbiamo dovuto ripiegare su Grosso a 2.5 milioni non avendone 15 da spendere. L’errore quindi, se proprio forzatamente vogliamo trovarne uno, è stato nello spendere così tanto per Melo (ripeto: questo al di là del fatto che possa dare di più. 25 per me non li vale..), esaurendo il budget di fatto con due acquisti (ne servivano molti di più). A quel punto non avevi molta scelta, pagando spiccioli… Anzi, a conti fatti, abbiamo trovato una soluzione a basso prezzo compatibile con il budget di mercato, tanto che come operazione fu da tanti critici ritenuta ottima (nonchè il tassello mancante per completare la rosa bianconera).

3) Cannavaro e Grosso con Marcello Lippi allenatore hanno vinto il Mondiale 2006 e si sono qualificati come primi nel proprio girone per i prossimi del 2010, in SudAfrica. Da titolari. Hanno reso benissimo. Anzi, possiamo dire che con Lippi sono stati probabilmente i migliori, in Nazionale, dal 2006 ad oggi. Quindi anche in questo caso, se il loro rendimento è stato sotto le attese, probabilmente è colpa di chi non ha saputo sfruttarne al meglio le caratteristiche. Perchè se un giocatore gioca male a Torino, poi va in Nazionale e fa partitoni, a me qualche sospetto viene (lo stesso discorso può farsi per Melo, probabilmente, che però – comunque – è stato pagato troppo).. E se, come sono convinto, entrambi i ragazzi faranno un buon finale di stagione e magari un ottimo Mondiale, non sarà per uno strano allineamento lunare o per una coincidenza, ma forse per bravura di Lippi.

4) Il direttore sportivo della Juventus si chiama Alessio Secco. Il direttore generale del club si chiama Jean-Claude Blanc. Se loro, incapaci di svolgere autonomamente il proprio ruolo, si rivolgono a terzi non tesserati (anche se amici e dal profilo professionale di Marcello Lippi) e non (ancora) inseriti in quadri dirigenziali, sono comunque sempre loro i responsabili di ogni operazione.  Da Ranieri fino a Grosso. Perchè un parere lo puoi chiedere a chiunque, pure alla maga di Moratti, però poi l’onere della scelta spetta a chi ne è responsabile.

5) Marcello Lippi è ancora oggi uno dei cinque migliori allenatori al mondo, a mio avviso. Per lui parla il palmares. Si parla tanto di Hiddink e di Benitez, ma io uno come Lippi Marcello in panchina ce lo metterei all’istante, a giugno. Perchè mi darebbe molte più garanzie di tecnici che hanno vinto meno di lui, e perchè ci ridarebbe una credibilità nazionale ed internazionale che in questo momento non abbiamo. Conoscerebbe inoltre moltissimi giocatori della rosa, sarebbe immediatamente riconosciuto da tutti i calciatori come persona autorevolissima, e – sono sicuro – riuscirebbe a vincere qualcosa da subito. Perchè è un vincente. Per carità, mi starebbe bene anche un altro top-manager di caratura internazionale, anche perchè non sono convinto sia disponibile lui stesso ad allenare, ma comunque non capisco questo ostracismo verso di lui. Si può preferire un altro allenatore, ma far passare Lippi per la causa di tutti i nostri mali fa ridere. Uno come lui, interisti a parte, farebbero la fila in tanti per averlo. Poi, ovviamente, il suo ruolo non è e non sarà mai quello di direttore sportivo. E in quel ruolo non ce lo vedrei bene nemmeno io. Ma – come per Felipe Melo e Grosso/Cannavaro – chiariamo le responsabilità: se il direttore sportivo è inadatto, il problema è il direttore sportivo. Non Lippi. Lo si scrive chiaramente e si prende SIA un direttore sportivo CHE eventualmente si inquadra Lippi con qualche ruolo a lui adatto.

Detto questo, torniamo al “Vade retro Lippi”. Mi iscrivo pure io, visto che oggi va di moda, ma almeno 4-5 precisazioni erano doverose. Non so quale sarà il futuro di Marcello in bianconero, semmai ce ne sarà uno (chi lo sa!).  Però questo ostracismo sta raggiungendo livelli incomprensibili, soprattutto perchè rischiano di sviare l’attenzione, come successo con gli esoneri di Ranieri e Ferrara, verso i veri colpevoli di questa situazione.

Update: Questi i virgolettati rilasciati il 4 febbraio al Corriere dello Sport: “Ritornare alla Juve? No, nella maniera più assoluta. (..) Io ho dato qualche parere così come lo do a qualsiasi presidente o allenatore che mi chiama, e mi chiamano tutti, ma ciò dopo che la Juventus aveva già fatto questi acquisti. Anche oggi dirò che Cannavaro e Grosso sono due punti di forza per la Nazionale, per me. La realtà è che il mio rapporto con la Juve è talmente grande che è normale che abbia rapporti con la Famiglia e l’ambiente. Però negli ultimi tempi si è esagerato nel far credere che tutto dipende dal progetto-Lippi, per questo ho chiamato in causa la società. Questo è un castello in aria, non vero nè simpatico…”.

Le vere ragioni per cui Cassano e Balotelli non andranno al Mondiale

nazionaleSi parla tanto, nei media, del presunto ostracismo di Marcello Lippi nei confronti di Antonio Cassano e Mario Balotelli, in Nazionale. C’è chi fantastica di ripicche personali, di pugni e botte da orbi col figlio (per carità, magari è anche vero.. ma non c’entra!), di disprezzo del ct nei confronti dell’Inter, e chi più ne ha più ne metta. Posso accettare tutto, ma non che queste cose le scriva un giornalista sportivo. Finchè si resta in ambito di chiacchierata da bar dello sport, cornetto alla mano, si può sentire tutto, pure che Lippi è la causa di ogni male nel mondo, e che sia scarso come allenatore. Siamo pur sempre sessanta milioni di allenatori, no? Poi bevi un caffè, paghi il conto e comincia la tua giornata lavorativa. Ma da gente che conosce questo mondo dal di dentro no, non lo accetto. La frattura insanabile di Antonio Cassano con la Nazionale è addirittura anteriore al Lippi-bis, e si è consumata all’ultimo Campionato Europeo (in panca Roberto Donadoni, che pure lo faceva giocare..). E’ lì – questo è quanto circola davvero negli ambienti genovani – che è successo qualcosa (fatti loro, la politica di questo blog la conoscete…) che di fatto ha probabilmente estraniato il giocatore dalla maglia azzurra, almeno finchè l’allenatore sarà Marcello Lippi. Una frattura con quello che Lippi definisce lo “zoccolo duro”, sul quale da sempre punta, e che tante soddisfazioni gli ha dato in carriera. Continuare a proporre Cassano in Nazionale, ancora oggi, è davvero qualcosa di insensato proprio per questo motivo. Non è una scelta tecnica, ma di opportunità. Lippi non lo convoca non per qualche motivo misterioso (ho letto persino “perchè è troppo forte e farebbe ingelosire i compagni”… come se il desiderio di un allenatore non fosse quello di vincere), ma per preservare l’integrità del gruppo e dello spogliatoio, fondamentale. Lo avevo scritto spesso, avendo un “uccellino” anche a Genova, come lo slogan “Cassano è cambiato” trasmesso a reti unificate da giugno fosse un bluff. Cassano non è mai cambiato. Nè sono diminuiti i suoi capricci, le sue serate fino a tardi, la sua anarchia tattica, il suo partecipare a fasi alterne (modalità diplomatica on) ad allenamenti senza palla e sedute tattiche. Chiedere a Mazzarri, che ha pagato per lui. O a Del Neri, che lo ha messo fuori rosa stanco dei soliti comportamenti (e la Samp è rinata, compattandosi). Chi finora ha continuato ad insultare Lippi dall’alto di chissà quale competenza calcistica dovrebbe quantomento fare marcia indietro (le scuse sono utopia, siamo pure sempre in Italia..).

Stesso discorso per Mario Balotelli. Oh, intendiamoci: calcisticamente parlando un fenomeno. Probabilmente, non esagero, il miglior giovane italiano di sempre. Voglio dire: ricordo pochi calciatori nostrani così forti già a 19 anni, così talentuosi, così fisicamente pronti e con tanta autostima e convinzione nei propri mezzi. Nessun dubbio, neanche uno, sulle sue capacità tecniche. Nè sulla sua Nazionalità (italiana). Non ho alcun dubbio neanche sulle qualità di Antonio Cassano,  attualmente la miglior seconda punta italiana, talento alla mano, del nostro Campionato (non me ne voglia il sempreverde Del Piero). Però si parla di altro. Lippi non convocherà neanche il nerazzurro almeno finchè non maturerà abbastanza per capire di non essere più un ragazzino viziato, ma un elemento di un gruppo. D’altra parte è stato Mourinho, per primo, a metterlo di fatto fuori rosa, facendolo allenare con la Primavera a mò di punizione. E spesso il tecnico di Setubal, uno che non guarda in faccia a nessuno, è stato durissimo con lui. Un giorno ho parlato con un calciatore di colore (quindi togliamo di mezzo ogni riferimento al razzismo, già in premessa!), un campione già affermato, che mi ha detto una cosa nei suoi confronti: “Mario è un giocatore che se ti avvicini ti insulta, e lo fa sapendo che se reagisci avrà ottenuto il suo scopo”. Lo stesso motivo per cui dopo un gol non esulta, avendo sempre un atteggiamento polemico (persino a San Siro). O lo fa andando a beccare il pubblico avversario. Inoltre, e lo abbiamo visto sia in Campionato che in Coppa Italia, è un giocatore scorrettissimo, che simula in maniera premeditata e vergognosa, e non è mai punito godendo di una pericolosa immunità arbitrale (pericolosa perchè finchè non verrà punito non capirà mai che non può sempre cavarsela solo per il colore della pelle o per quello della maglia..). Giocatori del genere è il gruppo Italia stesso, prima che il suo selezionatore Marcello Lippi, che non li accetta. E il paragone con Marco Materazzi, altro giocatore discusso convocato agli ultimi Mondiali da Marcello Lippi, non regge per il fatto che Marco – lo so che pochi ci crederanno – è una persona splendida che sa far gruppo e si fa volere bene. Pur essendo stato spesso in carriera “scoordinato” (…). Non ha mai avuto quell’aria di superiorità nei confronti dei compagni, nè è mai venuto meno alle regole del gruppo. Prova provata del fatto che c’è spazio per tutti, se si accettano alcune semplici regole.

L’augurio è perciò che entrambi i calciatori possano maturare e farlo in fretta (specie Cassano, che è quasi 10 anni più grande di Balotelli, fra le tante cose..), perchè sarebbero sicuramente fondamentali tecnicamente per alzare il livello della nostra Nazionale. Ma, per piacere, quando da domani vi ritroverete a prendere il cornetto parlando col sapientone di turno che inventerà l’ennesima teoria complottistica per spiegare queste non convocazioni, ricordatevi di questi semplici concetti.

Ufficiale: Alberto Zaccheroni, ma… (il vizio non ce lo togliamo)

alberto zaccheroniE’ noto a tutti il gusto perverso tutto italiano del volare con la fantasia, sempre in là, sempre oltre. “Stamattina sul tardi Alberto Zaccheroni ha firmato il contratto che lo legherà alla Juventus”. Basterebbe metterci un punto, magari in grassetto, che si vede di più. E invece no, a noi piacciono le virgole. E allora ci dobbiamo aggiungere un “, ma da giugno ci sarà Benitez”. Oppure Hiddink. O Lippi. O scegliete voi, vanno bene tutti. Anche una “x”, variabile. E’ più forte di noi, non ci riusciamo proprio! E poco importa di oggi, già si preparano gli scoop estivi, alla ricerca disperata dell’ “io l’ho detto/scritto prima!”. E sarà così fino a giugno, con voci di mercato su presunti giocatori che “piacciono a Rafa”, piuttosto che al Marcello Nazionale. Non è così che dovrebbe andare. Per rispetto verso allenatori sotto contratto, e soprattutto per rispetto verso Ciro Ferrara prima e Alberto Zaccheroni poi. Ma non ci riusciremo mai. E allora teniamoci pure la “lezione di stile” rifilataci ieri sera dal portoghese Josè Mourinho. Lui non è italiano, ma ha imparato a conoscerci in fretta. Buon lavoro, Zac!


Sfogo di uno sportivo deluso

ciro ferrara 2Raccolgo lo sfogo inviatomi via email da un mio caro amico. Leggetelo e ne riflettiamo assieme. E’ un articolo “difficile”, me ne rendo conto. Ma questo è un blog “difficile”. Vi stuzzico su un tema delicato, che prescinde dalla opinione che ognuno di noi ha dell’attuale società o dell’attuale (per poco ancora) allenatore. Qui si parla di risultati sportivi e cultura dello sport!

Caro Antonio, sono disgustato dalla totale mancanza di cultura sportiva in Italia. Tutto, tutto, tutto è vincolato al risultato. Il che è anche giusto, ma qui si cambia idea in 7 mesi anche sulle qualità umane di una persona, solo perchè ha perso 7-8 partite. A maggio Ferrara era un grande, con mentalità vincente e dna juve.Oggi è uno sfigato, un incapace, inesperto e fallito. Non ce la si fa proprio ad accettare che una squadra non funziona per uno, o due anni? No. Il Liverpool non vince lo Scudetto da 20 anni eppure ad Anfield i tifosi riempiono lo stadio, nn fanno cori razzisti, e anche se perdono cantano You’ll Never Walk Alone a squarciagola. A Torino… curva chiusa, contestazioni, cori razzisti, Polizia. E questo perchè? Perchè la Juve DEVE vincere. E nn lo fa da “soli” 4 anni. Ma che sport è se non si accetta la sconfitta? Che sport è se non si accetta che per una serie di motivi si è inferiori ad altri avversari? No, si preferisce far passare un grandissimo ex campione come Ciro Ferrara per demente, si preferisce la scorciatoia del repulisti come panacea di tutti i mali, si preferisce mostrare al popolo la testa del colpevole, che poi colpevole è ovviamente solo in parte, e lo sanno bene tutti.

Ciro ha avuto prima di tutto il coraggio di accettare un incarico gravoso, e non era affatto scontato, essendo per lui l’esordio come tecnico ad alto livello. Poteva tranquillamente dire “No grazie, tra qualche anno magari”, per non rischiare di bruciarsi la carriera. Ma da uomo vero qual è ha scelto di dire “Si, se avete pensato a me, io accetto”, non tirando indietro la gamba, come quando era in campo e menava gli attaccanti avversari. Poi magari anche lui aveva dei dubbi, anche lui si poneva degl interrogativi circa la sua esperienza, ma ci ha provato e, purtroppo, è andata male. Ma qui si dimentica che ci sono dieci giocatori che per un motivo o per l’altro non sono mai stasti a disposizione. Si dimentica che si è perso un grandissimo uomo in campo e fuori come Nedved, e per quanto Diego possa essere bravo, oggi capiamo cosa volesse dire avere un Pavel in campo e nello spogliatoio. Si dimentica che i campioni della vecchia guardia hanno un anno in piu’, e ce ne siamo accorti tutti. Si dimentica che l’Inter, che ci piaccia o no, da 4 anni, pur non incantando, ha acqusito meccanismi e sicurezze che la Juve ancora, giocoforza, non ha acquisito. Non è che ti chiami Juve e vinci per forza. Non è che il Milan stia vincendo uno scudetto ogni anno, non è che il Liverpool o l’Ajax o lo stesso Real vincano scudetti a ripetizione. Ci sono momenti in cui si è incudine e momenti in cui si è martello. E’ lo sport, è la vita. E ci va pure bene che noi, martello, lo siamo stati un bel po’..e torneremo ad esserlo. C’è chi non lo sarà MAI.

Marco Morgante